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Le insostenibili leggerezze del fundraising scolastico

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Caro Presidente Renzi, ho apprezzato l’idea del 5 per mille per la scuola, ma c’è molto di più da fare. E Le spiego il perché.

Ho appreso ieri che è nata una piattaforma per sostenere le scuole che si chiama www.iosostengolascuola.it, con un bel cuore al posto della O (che fa tanto solidale e generoso…).

In pratica è il seguito, su base web, dell’iniziativa già avviata qualche anno fa dal Co.Ge. del Miur con alcune aziende della grande distribuzione (qui l’esempio con Conad)

Come funziona? Semplice.

Io acquisto il prodotto di un’azienda partner del progetto (Eataly, per esempio) attraverso la piattaforma. Accumulo dei punti che posso “donare” alla scuola di mio figlio affinché la scuola possa “redimere” (è il termine tecnico che si usa) il premio da un catalogo fatto di lavagne LIS, proiettori, ecc.).

Avete presenti i punti che si accumulano al supermercato e con il quale, dopo averne a sufficienza, vinci, che ne so… un servizio di piatti? È uguale. Solo che i premi li doni alla tua scuola.

Ora: che sia chiaro il giro che fanno i soldi. Li caccio io, vanno all’azienda che mi permette di usare i punti (che comunque avrei accumulato) a favore della scuola. Chi fa la bella figura? L’azienda e la piattaforma.

La scuola e un fundraising a metà

Per me questo non è fundraising. O almeno lo è a metà. Se io voglio sostenere la scuola, dono i soldi alla scuola e non a Eataly. Potrei capire se Eataly raddoppiasse il mio contributo alla scuola (visto che gli ho comprato un prodotto proprio per questo).

Esempio: compro un prodotto da 100 euro di cui 10 (che poi sarebbero parte dell’investimento che Eataly usa per fare promozioni e che risparmia grazie al “traino” offerto dalla causa sociale della scuola) vanno agli istituti beneficiati e a cui Eataly aggiunge altri 10 euro facendo filantropia. Ma non è così. Di responsabilità sociale d’impresa, qui, non c’è neanche l’odore.

La piattaforma è ideata da un paio di gruppi che si occupano di marketing e comunicazione che fanno più che degnamente il loro mestiere. Che certo non è quello di fare fundraising e neanche di sostenere sul serio la Scuola. Per cui non ho nulla contro di loro.

Quello che mi stupisce e mi allarma è che tutto ciò è avvallato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (il loro patrocinio campeggia in alto sul sito) attraverso il Co.Ge. (la rete di scuole che aderisce ad un gruppo di lavoro teso a migliorare la gestione, la contabilità, l’amministrazione delle scuole, attivo dal 2010), che già in passato ha fatto aumentare con questo sistema il fatturato di aziende della grande distribuzione al solo costo di qualche lavagna LIS da dare in premio.

Quel che serve è una vera politica per il fundraising

Di per sé, comunque, l’iniziativa non è un danno. Non c’è niente di disonesto. Ma se proprio vogliamo aiutare la scuola con le aziende, facciamo prendere degli impegni più seri. Così stiamo cedendo una delle cause sociali più importanti a fronte di un impegno irrisorio.

Il fatto grave è che si continua a chiedere soldi per la scuola senza una strategia e senza una vera politica di fundraising. Renzi un giorno istituisce il 5 per mille per le scuole (senza per altro chiarire come funzionerebbe e senza garantire che venga tolto il tetto dei 500 milioni), il MIUR continua a chiudere un occhio sull’uso maldestro del contributo volontario dei genitori, il CO.GE. fa accordi con le aziende, il Ministro fa protocolli di collaborazione con grandi aziende (vedi il collegamento precedente) per l’innovazione tecnologica… Tutto senza una visione unica e senza una politica che dica cos’è e come funziona il fundraising per la scuola e a fronte di quali impegni concreti del Governo per garantire i diritti dei cittadini ad un’istruzione di qualità. Il Far West, a confronto, era un’ordinata comunità democratica di pacifici cittadini guidata da leggi chiare e univoche!

In tutto questo, ogni giorno vi sono molti genitori, cittadini, docenti e qualche dirigente scolastico che si danno da fare per sostenere la scuola con soldi, lavoro volontario e donazione di beni senza che nessuno li prenda sul serio, garantendo strumenti adeguati e facilitandone il lavoro.

Caro Presidente del Consiglio: io direi proprio che è ora di dare vita ad una seria politica del fundraising in Italia, se vogliamo davvero che esso possa contribuire in modo sano e significativo alla ricostruzione del welfare, partendo proprio dalla scuola.

Su questo, nonostante la nostra disponibilità a collaborare, mi sembra che si punti ancora troppo poco.

P.S. Insieme ad altri fundraiser, da tempo, abbiamo dato la disponibilità al Ministero del Welfare a collaborare per migliorare leggi e provvedimenti che riguardano la raccolta fondi e a costituire un tavolo che elabori politiche strategiche moderne in merito. Abbiamo consegnato al governo nel giugno dell’anno scorso un documento contenete provvedimenti semplici e a costo zero da varare subito per migliorare il fundraising anche di scuole, biblioteche e servizi pubblici.