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Il donatore in tempo di crisi: verso un maggiore attivismo?

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Ciao a tutti! Oggi vorrei lanciare un sassolino, tirando fuori un argomento su cui si dibatte, è vero, tanto, ma che sembra nessuno poi prenda sul serio: la crisi.

Siamo nel pieno di una crisi economica che, seppur mondiale, sta producendo in maniera forte i suoi effetti anche qui in Italia, strozzata dal pericolo di recessione vagheggiato dai “mercati”, ovvero dalle borse, ma anche e soprattutto da quella diffusa illegalità che porta i nomi della corruzione, dell’evasione, delle truffe e via dicendo. Questi fenomeni di illegalità si trovano in ogni strato della nostra società ed inquinano interi settori e spazi vitali del nostro paese.

Ma il nostro è un paese che sta soprattutto attraversando una profonda crisi sociale, con la perdita dei valori civili e non solo, l’aumento del razzismo, dell’individualismo ed uno sfrenato e sempre più stratificato qualunquismo.

In questo triste e sconsolante scenario il non profit italiano, con i suoi volontari, il suo senso di comunità, il suo impegno civile diventa un valore fondamentale, va oltre il suo ruolo di sostegno al welfare diventandone il paladino, diffondendo valori e solidarietà, princìpi e diritti di cui in tanti sentono oggi la mancanza. Un vero e proprio antidoto alla crisi!

Aumento dell’attenzione verso le piccole e medie organizzazioni non profit

La conferma di questo, sta in quell’aumento delle donazioni alle piccole OnP sparse sul territorio, spesso protagoniste di azioni concrete di sostegno alle diverse fragilità del luogo, e dell’improvvisa crescita di attenzione e solidarietà che stanno ricevendo molte piccole o medio piccole organizzazioni finora abbastanza “ignorate” dal pubblico.

Sia chiaro, le donazioni nel loro insieme sono diminuite fin dai primi sintomi della crisi e, sia nelle piccole sia nelle grandi organizzazioni non profit, se ne vedono gli effetti. Colpisce però l’aumento di partecipazione e coinvolgimento che ho notato e mi è stato raccontato in diverse realtà.

Un po’ probabilmente trainati dalla scarsità di liquidità che rende più limitata la loro donazione, un po’, credo, da quel senso di “fare comunità” di cui si sente una profonda mancanza e che in tempi di crisi fa riscoprire valori e princìpi perduti…Non so perché, ma in diverse organizzazioni mi raccontano che sono aumentati i volontari e coloro che chiedono di visitare, conoscere, partecipare, magari a un evento o a un incontro informale.

Si rivolgono alle organizzazioni attive sul territorio e che lavorano per questo o per cause sociali forti, importanti. Cercano un’idea di solidarietà più attiva, più partecipata. Io stessa sto vivendo quest’esperienza con i gruppi di appoggio di volontari, creati su tutto il territorio italiano da donatori che hanno voluto legarsi di più alla causa della Fondazione Cesar, di cui sono responsabile della raccolta fondi, per raccogliere altri fondi e sensibilizzare i loro territori alla causa del Sud Sudan.

Per molti è stato, a loro stesso dire, un ritorno alla cittadinanza attiva, al fare, al partecipare e dunque esserci. E diverse altre organizzazioni con cui sono in contatto mi hanno raccontato esperienze diverse ma simili, con i loro donatori diventati “attivisti”. Come fund raiser non posso ignorare queste realtà apparentemente contrapposte: diminuiscono le donazioni, aumenta la partecipazione.

Vuol dire qualcosa rispetto al nostro lavoro? Io credo di sì! Che sia una nuova strada da percorrere anche per noi fundraiser?