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Quando il cibo supera le barriere del diverso

La Kumpania Scampia

Ho sempre pensato che la strada per l’inclusione sociale non possa essere soltanto una lotta durissima contro etichette e barriere. Per quanto indispensabile, questo non è sufficiente.

Non voglio essere fraintesa. In momenti preoccupanti come questo, dove imperversano le conseguenze di Mafia Capitale e dove il Matteo Salvini di turno può permettersi di fare pubblicamente affermazioni agghiaccianti, razziste e al limite del ridicolo sulle comunità Rom e di migranti, la denuncia di episodi di razzismo, xenofobia e intolleranza è un dovere etico e politico imprescindibile. Ma denunciare non basta.

“Disagio”, “esclusione”, “discriminazione” sono parole potenti, importanti, ma l’esaltazione della diversità e di condizioni problematiche, per quanto legittima e necessaria, è un’arma a doppio taglio che rischia di ingabbiare le persone in definizioni e categorie ristrette, se ci fermiamo qui.

E questo rischio lo corriamo in primo luogo noi che lavoriamo nel sociale, se non siamo capaci di andare oltre ed elaborare soluzioni tangibili che superino la rigidità delle definizioni e un’ottica meramente assistenzialista, che vadano a risolvere un problema comune ad una collettività che vive sullo stesso territorio, se pur costituita da gruppi variegati, e che puntino sulla diversità come fattore di arricchimento e forza, più che di divisione.

Certo, è più facile a dirsi che a farsi, ma gli esempi di chi ci prova con convinzione, professionalità e perseveranza, ottenendo risultati positivi, esistono, e non bisogna guardare soltanto all’estero per trovarli.

La Kumpania: sul filo del rischio e della poesia

Un esempio che circa un anno fa ha catturato la mia attenzione è La Kumpania a Scampia, la prima impresa sociale in Italia nel campo della gastronomia interculturale formata da rom e italiani.

La Kumpania, grazie all’iniziativa e all’impegno dell’associazione chi rom… e chi no, unisce un gruppo di donne rom e italiane e nasce per dare risposte concrete in termini di emancipazione economica e sociale e di lotta alle discriminazioni, a partire da un territorio complesso come quello di Scampia.

L’idea di Kumpania inizia a prendere forma nel 2010, quando ottiene un contributo iniziale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità – UNAR.

Nei due anni successivi la Kumpania riceve il sostegno dell’Open Society Foundation e vince due premi di innovazione sociale, finché nel 2013, grazie al sostegno per lo start-up d’impresa da parte di UniCredit Foundation e Fondazione con il Sud, si costituisce in srl a capitale ridotto.

Nel corso del progetto 12 donne rom e italiane sono state coinvolte in un percorso formativo e culturale a tutto tondo, per arrivare alla costruzione di un gruppo solido, professionalmente valido e consapevole in grado di gestire l’attività: accanto a percorsi di alfabetizzazione, pedagogia e conoscenza dei propri diritti, sono state affrontate quindi tematiche di gastronomia multiculturale e sviluppo sostenibile, fino ad arrivare a temi di formazione professionale di base nell’ambito della ristorazione e della costituzione di imprese.

Nel 2014 la Kumpania ottiene inoltre il sostegno della Fondazione Peppino Vismara e nel mese di novembre viene inaugurato Chikù, il primo ristorante italo-romanì.

Chikù

Ad oggi, affianco alle attività di ristorazione, Chikù offre servizi di catering, corsi di cucina multiculturale e percorsi enogastronomici inseriti nei circuiti di turismo sostenibile, organizza laboratori pedagogico-culturali ed è parte integrante di eventi culturali e teatrali legati alla programmazione dell’adiacente Auditorium.

Chikù è inoltre sportello legale e laboratorio permanente di autocostruzione e autoproduzioni creative, aperto a grandi e piccoli, grazie allo spazio “Bubamara”.

In un contesto “scottante” come quello di Scampia, si è quindi scelto di puntare sulla concretezza, il cibo e le diverse tradizioni culinarie, per trovare un punto di incontro che aiutasse ad abbattere stereotipi e pregiudizi negativi reciproci, a considerare le diversità una ricchezza e a risolvere insieme un problema comune: la mancanza di lavoro.

Insomma, se è quindi vero che la popolazione napoletana convive da oltre vent’anni con quella rom fra disagi e difficoltà, è altrettanto vero che è proprio a tavola che le diversità sono riuscite ad incontrarsi, a contaminarsi e ad arricchirsi reciprocamente, offrendo un servizio utile al territorio e, al contempo, un esempio positivo alla comunità locale di come avere una buona idea, formarsi, rischiare e impegnarsi duramente per realizzarla possa essere la strada percorribile proprio in una zona cosiddetta “periferica” e “degradata”.