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Categoria: Fund raising per la PA e i servizi pubblici

Le insostenibili leggerezze del fundraising scolastico

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Caro Presidente Renzi, ho apprezzato l’idea del 5 per mille per la scuola, ma c’è molto di più da fare. E Le spiego il perché.

Ho appreso ieri che è nata una piattaforma per sostenere le scuole che si chiama www.iosostengolascuola.it, con un bel cuore al posto della O (che fa tanto solidale e generoso…).

In pratica è il seguito, su base web, dell’iniziativa già avviata qualche anno fa dal Co.Ge. del Miur con alcune aziende della grande distribuzione (qui l’esempio con Conad)

Come funziona? Semplice.

Io acquisto il prodotto di un’azienda partner del progetto (Eataly, per esempio) attraverso la piattaforma. Accumulo dei punti che posso “donare” alla scuola di mio figlio affinché la scuola possa “redimere” (è il termine tecnico che si usa) il premio da un catalogo fatto di lavagne LIS, proiettori, ecc.).

Avete presenti i punti che si accumulano al supermercato e con il quale, dopo averne a sufficienza, vinci, che ne so… un servizio di piatti? È uguale. Solo che i premi li doni alla tua scuola.

Ora: che sia chiaro il giro che fanno i soldi. Li caccio io, vanno all’azienda che mi permette di usare i punti (che comunque avrei accumulato) a favore della scuola. Chi fa la bella figura? L’azienda e la piattaforma.

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Coopsociali: occorre una svolta. Anche con il fundraising

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Quello sopra è il messaggio che mi è giunto ieri sulla casella di posta da Huffington post.

Altri titoli giornalistici ricalcano lo stesso stile: “Così le coop hanno riempito Roma di profughi e campi rom…”; “Gli immigrati rendono più della droga”; “La mafia nera nel business accoglienza“.

“Le cooperative sono il vero business”. Una frase pesante, tipica dei titoli giornalistici, che deve bucare e creare attenzione. Generalizzare per raccogliere quella ormai endemica sfiducia e indignazione dell’opinione pubblica. D’altro canto se non fai così non buchi, non vieni preso in considerazione.

Perciò, generalizzando la notizia riguardante una manica di mafiosi imbroglioni che ha usato il sistema cooperativo sociale per fare i suoi sporchi affari, si passa facilmente a dire che tutte le cooperative sociali esistono per fare affari alle spalle dei soggetti svantaggiati e grazie al favore di politici e amministratori corrotti. E a caduta quest’opinione verrà proiettata su tutto il settore non profit. Già, perché quella manica di farabutti ci tenevano a mettere in evidenza la dicitura “Onlus” accanto al nome della cooperativa!

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Fundraising e scuola: si puo’ fare!

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E dirò di più: già si fa!

Probabilmente poco e in modo improvvisato. Ma già si fa fundraising nelle scuole!

Docenti, genitori e alunni danno vita ogni giorno a piccole e grandi raccolte fondi. E spesso tali azioni sono accompagnate da altrettante azioni di “governo sociale” dei beni comuni, assumendosi responsabilità che vanno ben oltre sia il mandato istituzionale che il ruolo di genitori.

In questa storia sommersa del fundraising italiano c’è anche tanta innovazione sociale e vi voglio portare alcuni esempi.

Inizio con l’Istituto Cadorna di Milano, uno di quegli istituti che da anni pratica il principio della “Scuola Aperta” e che ha portato dentro le sue strutture e i suoi organi di governo i genitori e la comunità affinché la scuola tornasse ad essere un “bene comune”. Oggi nel plesso dell’Istituto Cadorna è addirittura possibile organizzare mercati ortofrutticoli a km 0 e costo controllato insieme a Coldiretti o usare la palestra a costi bassissimi e molto altro ancora. Da anni L’Associazione dei genitori dell’Istituto organizza una marcia podistica che termina con una grande festa di fine anno della Scuola: occasione per raccogliere fondi con mercatini, iniziative, ecc. Tutto il ricavato va a finanziare i progetti scolastici sostenuti dall’Associazione genitori.

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Welfare e aziende. Eppur qualcosa si muove…

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L’altro giorno, leggendo la sezione Buone Notizie del Corriere della Sera, mi sono soffermata su una notizia in particolare.

Prato, la città tessile simbolo dei distretti industriali feriti dalla crisi economica mondiale, lancia il primo esperimento di “Welfare di Distretto” in Italia.

In cosa consiste? Migliaia di piccole aziende dello storico distretto pratese godranno di tutti quei benefici che fino ad ora erano riservati solo ai dipendenti delle grandi aziende.

Come è possibile? Basta trattare il distretto come un’unica grande azienda, con un bacino di 10.000 dipendenti, numeri necessari per un welfare su larga scala. Dotando le piccole imprese di una piattaforma comune per la gestione del welfare. Vantaggi quali visite dal dentista o dal medico, rimborsi per i testi scolastici, rette dell’asilo nido o dell’università, a cui avranno accesso i dipendenti delle piccole e medie aziende, si aggiungeranno ad un’incremento del loro potere di acquisto equivalente ad un risparmio di circa un mensile del salario annuo.

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Fondazione Comunita’ Attiva: come fare nuovo welfare con il fundraising

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Il 12 aprile sarò a Cannobio (VCO) per un’iniziativa – piccola se vogliamo, in quanto circoscritta ad una realtà locale – ma di grandissimo significato per i problemi nazionali con i quali l’Italia si sta confrontando in questi giorni.

Si tratta del convegno Il centro medico e la fondazione come bene comune. Cittadini e amministrazioni per un nuovo welfare di comunità”, organizzato dalla Fondazione Comunità Attiva e dal Comune di Cannobio in occasione dei 10 anni del Centro di Medicina Attiva della Valle Cannobina.

A mio avviso si tratta di una esemplificazione di come si possa creare nuovi sistemi di welfare di comunità basati anche e soprattutto su una nuova forma di economia sociale o di comunità che ha al suo centro lo strumento del fundraising. Tra l’altro non su cose marginali ma sul core del nostro welfare: la sanità. Una esperienza in cui il fundraising diventa la leva anche per la democratizzazione della gestione dei servizi. È per questo che è stata inserita nell’itinerario della nostra Scuola, “Fundraising. Un altro welfare è possibile”.

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