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Il termometro del fundraising nella scuola pubblica

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Partita da una pura ricognizione di dati sul tema “fundraising e scuole”, argomento ampiamente affrontato in precedenza dalla Scuola di Roma Fund-Raising.it, mi ritrovo, dopo 15 mesi da quell’inizio, ad avere a che fare ancora con questo stesso tema. Fortunatamente, aggiungo.

Sì perché, poter parlare con chi la scuola “lo è” ogni giorno (dirigenti scolastici, docenti, studenti, personale ATA) portandoti a casa tante informazioni, tanti dati, è ben diverso dal recuperare le informazioni dal Web, per quanto si cerchino fonti veritiere.

Quando ho scoperto che a fine 2014, il Ministro dell’Istruzione Giannini aveva inaugurato il progetto Scuole Aperte, promosso dal MIUR in collaborazione con Anci e Vita, ho scoperto anche che tra gli otto elementi indicati nel portale del progetto descritti come necessari perché una scuola possa definirsi aperta, solo il sesto elemento nominava il fundraising. Mancava anche una sua specifica definizione o un rimando a dove le potenziali scuole aperte avrebbero potuto approfondire il fundraising e come utilizzarlo a loro favore.

Era arrivato il momento giusto per verificare se il fundraising, all’interno degli istituti scolastici, fosse conosciuto da permettersi solo di nominarlo.

Nel frattempo continuavo a domandarmi se qualcuno al Ministero dell’Istruzione, si fosse mai domandato cosa fosse il fundraising. Forse prima di consigliarlo alle scuole con un semplice slogan, sarebbe stato necessario capire se le scuole sono nelle condizioni di utilizzarlo.

La fase di identificazione e selezione degli istituti scolastici da contattare ci ha dato una prima idea su quanto il fundraising, in termini di comunicazione, fosse conosciuto in quella specifica scuola. Infatti, è proprio partendo dai siti internet delle scuole, che il quadro “scuola e fundraising” cominciava a delinerasi.

E qui la prima amara sorpresa: laddove il sito internet esisteva, a meno di sporadici casi, la maggior parte degli Istituti è lasciata alla propria fantasia e alle competenze interne dell’Istituto, che tentano di “dare una mano” per costruirne uno. Molte volte per lo stesso istituto scolastico, ci siamo ritrovati ad avere più di un sito internet e a noi la scelta di capire quale fosse quello giusto!

Per avere maggiore probabilità che i 55 istituti selezionati, tra superiori e comprensivi, avrebbero dato seguito ad una nostra richiesta di incontro, abbiamo coinvolto gli assessori delle politiche scolastiche dei vari Municipi di Roma.

Molti di questi, capito il valore del fundraising applicato nelle scuole, ci hanno posto la seguente domanda: “Se il fundraising è così utile agli istituti scolastici per la sempre maggiore autonomia (anche finanziaria) che il MIUR chiede ai dirigenti scolastici, perché il MIUR stesso non fa qualcosa per far conoscere alle scuole questo utilissimo strumento?”.

Ovviamente non avevamo la risposta da dare loro.

Finalmente a Marzo 2015 è partita l’indagine.

Fundraising e scuola: alcuni risultati dell’indagine

Abbiamo intervistato 42 esponenti scolastici tra dirigenti scolastici e presidenti del consiglio di istituto, seguendo un questionario di 19 domande. Le domande erano state ideate per raccogliere dati che potessero farci capire:

  • La percezione del fundraising, in termini di conoscenza della materia.
  • I fattori di ostacolo e/o di facilitazione per l’applicabilità del fundraising nelle scuole raggiunte.

Primo risultato: nonostante avessimo tarato che la durata del tempo che gli intervistati avrebbero dovuto dedicarci per la compilazione, fosse di 45 minuti, tutti gli incontri in media sono durati molto di più e questo per la piacevolissima accoglienza ricevuta dagli intervistati di voler andare oltre la semplice domanda e relativa risposta. Ciò ha perciò permesso che l’incontro fosse occasione di uno scambio di idee, considerazioni sull’argomento, vista l’importanza e l’interesse che il 97% degli intervistati ha colto sull’argomento.

Qualche dato:

  • Solo il 39% conosceva il fundraising perché realizzato in qualche modo nel proprio istituto e comunque collocandolo soprattutto come tecnica per far fronte a delle emergenze economiche e per avere sponsorizzazioni da aziende.
  • Il 61% non conosceva la tematica ammettendo di ignorare completamente cosa il fundraising potesse comportare in termini di benefici al proprio istituto. Tutti comunque hanno riconosciuto che lo strumento del contributo volontario, che nella maggior parte dei casi non è risultato per niente volontario, fa parte del mondo del fundraising.
  • Il 62% degli intervistati conosceva il dibattito sul fundraising all’interno della riforma della Buona Scuola, aggiungendo in alcuni casi elementi come quello di “utile e giusto se il Ministero lo accompagna con azioni correttive per evitare disparità” oltre quello di comune convinzione fra innumerevoli intervistati, che il fundraising sia stato presentato male come sostituzione del privato al pubblico. Questo infatti è risultato essere uno dei principali ostacoli per l’applicabilità del fundraising negli Istituti raggiunti che, a detta degli stessi Dirigenti Scolastici, si basa principalmente sulla conoscenza distorta del fundraising (laddove si crede di averla), presente a tutti i livelli del mondo scolastico, compresi gli studenti nel caso di Istituti Superiori.
  • Significativo è il dato circa il progetto Scuole Aperte promosso dal MIUR, progetto da cui è nata l’idea dell’indagine: solo circa la metà degli intervistati conosceva il progetto, finalizzato a far diventare le scuole aperte. Solo uno dei 42 intervistati, era a conoscenza che tra le righe del progetto viene nominato il fundraising. È proprio su questo aspetto che la maggior parte degli intervistati, ha voluto aggiungere che compito del MIUR è dare direttive precise al riguardo e non fare solo proclami.
  • Altro dato interessante è che il 100% degli intervistati ha ammesso di non avere all’interno, personale formato sul fundraising.

Quasi tutti gli incontri sono terminati con la medesima domanda: “qualcuno del Ministero dell’Istruzione conosce il fundraising? Forse è il caso, Dott.ssa Mastrovito che ci vada a parlare”. Come non potevo dare loro ragione ma aggiungo anche: fosse facile!

Questa prima fase di indagine conclusasi il 17 Luglio 2015, oltre a confermarci la volontà di proseguirla con un campione più ampio di istituti scolastici, ci ha permesso di raccogliere ed analizzare questi primi dati, che ci danno già un’idea molto chiara su quale sia la percezione del fundraising all’interno della scuola pubblica italiana, in termini di conoscenza della materia e su quali siano i fattori di ostacolo per la sua applicabilità: li sintetizzo in mancanza di conoscenza, di una giusta comunicazione e soprattutto di normative.

All’interno di un microcosmo che, quotidianamente, combatte con le difficoltà burocratiche e organizzative per permettere che la scuola continui ad essere il più grande bene comune che abbiamo, questa prima fase di indagine ci ha confermato che tutti gli istituti raggiunti, se avessero modo di conoscere cosa è realmente il fundraising e i suoi benefici non solo economici, sarebbero disposti a dedicare loro ancora più tempo di quello che quotidianamente impiegano i dirigenti scolastici, i docenti, i genitori, gli stessi studenti.

Io, oltre a capire, a studiare come meglio proseguire con l’indagine e come tentare di far conoscere il fundraising nel palazzo istituzionale del MIUR, continuerò a frequentare gli istituti scolastici per pensare, capire con chi la scuola “la fa” ogni giorno, quali percorsi progettuali attivare che permettano di far conoscere ed applicare il fundraising.