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Categoria: La ricerca sul fundraising

Fundraising. Un altro welfare e’ possibile

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La Scuola di Roma Fund-raising.it ha il piacere di invitarvi all’evento “Fundraising un altro welfare è possibile” che si terrà il 7 giugno presso la Fondazione il Faro. Non la classica conferenza ma un pensatoio, per pensare il fundraising come strumento per il futuro del welfare. E cominciare a costruirlo.

Finora il fundraising è stato percepito come una sorta di tappabuchi solidaristico e generoso. Oggi, a causa della crisi, il quadro è drasticamente cambiato: è in gioco la sostenibilità di tutto il sistema di welfare. È allora possibile pensare ad un sistema basato sul prelievo fiscale ma anche su scambi volontari e investimenti sociali? Molti fenomeni si muovono in tal senso: dalla mobilitazione dei genitori nelle scuole, a casi analoghi nelle biblioteche, a grandi imprenditori che intendono investire parte del profitto in servizi sociali, a organizzazioni non profit che vogliono innovare i tradizionali servizi sanitari, a forme di impresa low profit e non profit.

È possibile passare da alcune esperienze episodiche ad un vero e proprio nuovo sistema di sostenibilità del welfare? La questione porta con sé anche un diverso ruolo degli attori in campo, aziende, fondazioni, individui e chiaramente il non profit in tutte le sue forme. È possibile creare un nuovo patto di azione comune tra questi attori sociali? È possibile che il fundraising da semplice scambio filantropico tra non profit e soggetti privati diventi un comune investimento strategico?

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Il Festival del fundraising 2013 in 7 parole chiave (ma nella cabala che numero e’ il 7?)

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Il Festival del Fundraising 2013 è stato, come ormai d’abitudine (e queste sì che sono abitudini sane!), un appuntamento tanto importante quanto utile. Per molti motivi. Ognuno di noi ne ha tratto un “profitto” e una soddisfazione personale in relazione alle proprie aspettative e ai propri bisogni di maggiore conoscenza del fundraising, di relazioni con i colleghi e i “maestri”, di confronto di esperienze e di buone e cattive pratiche, ecc.

A qualche giorno di distanza e dopo aver riassorbito l’impatto del rientro nel quotidiano (il festival è anche e sicuramente un momento “festivo”: lo dice anche l’etimologia della parola!) voglio raccontarvi cosa mi porto a casa da questo Festival.

1 – Project management

Cresce e si conferma in questo festival l’attenzione alla sfida (non siamo della Scuola se non usiamo almeno una volta questo termine!) della concretezza e dell’operativizzazione della raccolta fondi. Il numero di partecipanti al workshop di Niccolò Contucci (al quale ho avuto modo di partecipare e che colgo l’occasione per ringraziare) dimostra secondo me questa attenzione! Numeri da guest star dovuti in primis alla grande competenza e passione di Contucci ma anche alla consapevolezza che oggi siamo chiamati a tradurre in modo più efficace e in risultati concreti e duraturi quello che sappiamo fare. È un passaggio in cui vedo un segno di cambiamento, crescita e maturità.

2 – Conoscenza

Tre ricerche sono state promosse in questo festival: quella sui fundraisers, quella sull’andamento delle donazioni e quella lanciata da noi della Scuola su come cambiano le motivazioni delle persone a donare. A segnare il passo verso un settore professionale più forte è stata la significativa adesione dei fundraiser ad impegnarsi a conoscere più a fondo la realtà per operare meglio. La nostra proposta di fare una ricerca partecipata e militante intervistando i nostri donatori ha registrato quasi 50 adesioni di fundraisers di organizzazioni e consulenti. Credo che il prossimo anno ne vedremo delle belle!

3 – Ma quanti siamo?

Durante il “quizzone” di giovedì mi ha colpito il fatto che su LinkedIn le persone che inseriscono il fundraising come loro impegno professionale sono più di 6.000!  A questo punto credo sia lecito il pensare che potremmo essere 20.000 se allarghiamo i confini della definizione di fundraiser. Quello che secondo me questi dati evidenziano è che sicuramente rappresentiamo una professione degna di nota ma anche e soprattutto che siamo una grande risorsa per il paese: 20.000 professionisti che possono dire e fare qualcosa di importante per la sostenibilità del welfare. Non è uno scherzo. Sicuramente rende tutta la categoria più consapevole della responsabilità storica che ricade sulla disciplina del fundraising. Mi raccomando il 7 giugno a Roma si parlerà anche di questo nel nostro convegno/pensatoio su fundraising e welfare, non potete mancare!

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+Fundraising = +Welfare. Non una certezza: una sfida da affrontare

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No, non è un’equazione matematica e neanche l’ultima semplice regoletta per fare meglio fundraising. Anzi lo complica. È un’affermazione. Un po’ velleitaria e presuntuosa, se vogliamo, ma comunque realistica e quindi inevitabile.

Un’affermazione, questa, che sarà al centro di un incontro di riflessione che la Scuola di Roma Fund-Raising.it terrà a Roma il 7 giugno prossimo coinvolgendo interlocutori di aziende, fondazioni, e protagonisti qualificati del mondo non profit quali Riccardo Bonacina (Vita non profit), Marco Morganti (Banca Prossima), Marco Livia (IREF), Caterina Torcia (manager del privato sociale), Gianni Del Bufalo (Fondazione il Faro), Gianni Palumbo (Forum del III settore del Lazio) Pino Bongiorno (Legacoop Lazio), Ciro De Geronimo e Eugenio De Crescenzo, (Presidenti regionali del settore cooperative sociali rispettivamente di Legacoop, Confcooperative e AGCI del Lazio) e altri di cui stiamo attendendo conferma.

Tornando al tema che sarà al centro del confronto, intendo dire che o il fundraising si confronta seriamente con il mutato contesto sociale, culturale ed economico oppure alla lunga è destinato non a sparire (non lo farà mai!) ma ad essere sostanzialmente marginale o ininfluente.

Questo contesto, come è chiaro a tutti – quindi anche ai donatori (aziende, individui, fondazioni, reti professionali e sociali, ecc.) – è dato dal fatto che il welfare così come lo abbiamo pensato negli ultimi decenni è assolutamente insostenibile. Economicamente, politicamente, culturalmente e socialmente.

Fundraising e welfare sono sempre stati legati e forse il fundraising ha avuto un ruolo per il suo sviluppo prima ancora dello stato e dell’invenzione del welfare state.

Sicuramente, però, negli ultimi decenni il suo ruolo è stato quello di riempire quelle falle che fatalmente il sistema di welfare di stato ha prodotto, per mancanza di risorse, idee, capacità e volontà politica.

Ma adesso il problema si è aggravato e il contesto è radicalmente cambiato.
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Raccolta fondi nel 2011: importanza della ricerca

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Mercoledì 19 settembre ho partecipato alla presentazione della rilevazione semestrale sulla raccolta fondi 2011 e le proiezioni per il 2012.

La ricerca è stata patrocinata da ASSIF, che per chi non lo sapesse è l’Associazione Italiana dei Fundraiser, che ha come mission quella di: “Diffondere la cultura e la conoscenza del fundraising in Italia, rappresentando e favorendo la crescita dei professionisti del settore”. Per fare questo ha individuato alcune linee guida, tra cui quella di: “Promuovere la ricerca e lo scambio di esperienze divulgando standard qualitativi e buone prassi”. Questo proprio perché la ricerca può essere quel qualcosa che dà una marcia in più ad un buon fundraiser.

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Il donatore: un “target” o un “partner”?

I donatori. La nostra ossessione.

Per loro agiamo, per loro lavoriamo, per loro perdiamo spesso il sonno… e anche il senno.  Li studiamo, li analizziamo, scopriamo cosa fanno, quanti anni hanno, chi sono. Eppure, mi chiedo, siamo sicuri di sapere cosa vogliono da noi? È giusto parlarne come statistiche, come target, mere tabelle di marketing? Il donatore come un “consumatore” di buone cause? Forse. Ma in un mondo sempre più a portata di mouse, in un’era della conoscenza, io credo che il donatore sia prima di tutto un partner. Un volontario. Una persona che sceglie di sostenere la nostra stessa causa, che condivide la nostra mission.

Come tale, dunque, deve essere prima di tutto informato, non corteggiato. Coinvolto, non indotto. È il principio vincente del sostegno a distanza: il sostenitore riceve regolarmente notizie del bambino e/o della comunità dove questi vive, segue lo sviluppo e l’evoluzione delle attività intorno a lui. È un vero partner. E così dovrebbero essere tutti i donatori. Sembra ovvio, ma non è sempre così

Nel “Non Profit Report 2011 – il dono online e il rapporto con i social network” presentato da Contactlab , quello che mi ha colpito più di ogni altra cosa è la scarsa attenzione alle pagine delle OnP sui social network (solo il 26% afferma di seguirne qualcuna lì), a fronte di un alto interesse per i siti e le newsletter (il 54% visita i primi ed il 40% dichiara di leggere le seconde). Come dire, se conosco, seguo, se sono informato, condivido.

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