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Fundraising e mission: Accattatevill’

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Sono appena tornata da Londra, città che adoro e dove il non profit prolifera a tutti i livelli.

Girando per le strade di questa splendida città ho visto una cosa che mi ha fatto riflettere e sulla quale mi sono posta un bel po’ di domande. Un negozio di Oxfam, associazione presente in molte parti del mondo e da poco anche in Italia, che esponeva in vetrina i suoi bellissimi gadgets.

Chiariamoci: Oxfam non è messa in discussione. È l’idea del negozio che mi lascia veramente perplessa. Non so voi ma io se penso ad un negozio penso ad un luogo meramente commerciale, dove c’è uno scambio di merce e soldi e dove di solito (non sempre) si emette scontrino fiscale. Un negozio in cui le commesse aspettano con ansia che entrino i clienti. E mi ha sorpreso vedere appunto il negozio di quest’organizzazione accanto a quello di Kentucky Fried Chicken, ad uno studio dentistico o ad un alimentari indiano.

Fundraising: mission a rischio?

Non so ancora se sono d’accordo con questa forma di fund raising. Il rischio secondo me è che anche la mission diventi commerciale e che in questo modo le associazioni diventino: “Ah sì, quella che ha il negozio a Via della Croce”; oppure: “Che vende delle cose così carine!” Appunto: “vende”.

E la mission? I progetti? Dove vanno a finire? Sullo scontrino, al posto del classico “Arrivederci e grazie per averci scelto” ? Non mi convince…

La prossima volta voglio entrarci. E capire…

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