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Testimonial e fundraising: non basta l’immagine. Un esempio dal cinema

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Si sa, il mondo del cinema ha il suo fascino: anche per i meno appassionati, tutto ciò che è legato al mondo del cinema, riscuote sempre un certo successo. Se poi si parla di cinema fatto da grandi attori o da grandi registi, italiani ed internazionali, il successo, l’interesse dei media e degli addetti ai lavori o la semplice curiosità dei non addetti, sono elementi comunque certi.

La società Hollywood in Rome insieme al Teatro Golden ed in partnership con e-Talenta/Castforward, ideano il primo progetto di didattica internazionale, chiamando il celebre regista e sceneggiatore canadese Paul Haggis, (è entrato nella storia dell’Academy Awards grazie alla stesura di due geniali pellicole, “Million Dollar Baby” e “Crash – Contatto fisico”, che, per due anni consecutivi, hanno ottenuto la statuetta per il Miglior Film), a dirigere due esclusive MasterClass di recitazione. Tutto ciò è avvenuto lo scorso marzo a Roma.

La particolarità è che l’intero compenso di Paul Haggis è stato devoluto all’associazione Artists for Peace & Justice, un’organizzazione nonprofit che promuove pace e giustizia sociale nel mondo, attraverso l’emancipazione di comunità povere. Paul Haggis oltre essere Presidente è anche fondatore di tale associazione.

Non è difficile immaginare che, per entrambi i seminari/laboratori, la società che organizzava non ha dovuto aspettare molto perché i partecipanti (attori e uditori), rendessero le iscrizioni tutte esaurite; non capita tutti i giorni che a tenere una lezione per far comprendere appieno la scrittura, la regia e la recitazione, ci sia un celebre regista e magari ad un costo assolutamente paragonabile a quello tenuto da realtà nate per far questo.

E i partecipanti provenienti da tutta Europa? Quanto ha influito sapere che non ci sarebbe stato guadagno da parte del celebre regista? Probabilmente nulla.

Sono certa sia stata talmente forte, per gli addetti ai lavori, l’emozione di assistere ad una lezione di Paul Haggis, che essere a conoscenza anche che il regista non avrebbe percepito compenso economico, ha solo contribuito a fornirgli ulteriore stima sotto il profilo umano.

È indubbio: se Paul Haggis non avesse deciso di devolvere l’intero compenso all’organizzazione nonprofit, le due MasterClass si sarebbero riempite comunque e di questo la società organizzatrice dell’evento, era certa.

Da qui allora qualche considerazione, qualche domanda ma anche qualche dubbio.

In questo caso non si può parlare di Paul Haggis come semplice testimonial. Egli  è più di un testimonial perché è il presidente dell’asssociazione Artists & Justice for Peace che ha utilizzato “semplicemente” i suoi poteri professionali per raccogliere fondi per la causa per cui ha fondato un’associazione: tutto lineare, tutto logico.

Ma questo tipo di esperienza è stata mai fatta in Italia?

Da sempre personaggi di teatro e di cinema sono impegnati nel sociale, diventando testimonial per lungo tempo o semplicemente per una sera o per un evento. Nella maggior parte dei casi, gli stessi decidono di utilizzare la “sola” loro immagine di personaggio famoso (o forse gli viene chiesto solo questo!) per contribuire a dare maggiore credibilità alla realtà nonprofit, processo finalizzato alla crescita e all’affermazione della realtà nonprofit.

Iniziative come quella di Paul Haggis, in termini di sua personale decisione, è stata recentemente fatta da Bernando Bertolucci che ha saputo trasformare il dolore per il terremoto nel Nepal dello scorso aprile, in un grande evento di cinema presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, decidendo di proiettare dopo solo un mese dalla tragedia, la sua opera “Il Piccolo Buddha”, uscito nelle sale solo 22 anni prima.

Anche in questo caso, sono pienamente convinta che gli appassionati di cinema e non, hanno saputo rispondere con grande interesse non solo perché l’intero ricavato della vendita dei biglietti in sala (costo € 50 e € 100), era destinato a due organizzazioni umanitarie che operano nel Nepal, ma anche perché si trattava di un’opportunità che permetteva in questo caso, di rivedere una grande opera cinematografica e, dal vivo, il grande regista italiano.

Forse questo genere di raccolta fondi, può essere utilizzato maggiormente?

Credo che in questo caso vada considerato l’elemento centrale che è l’opportunità che viene data a chi deve contribuire economicamente alla raccolta fondi. Stiamo parlando dell’opportunità di assistere ad ore di lezione di cinema o di teatro o di momenti di confronto su temi specifici di tali settori (che per definizione e non solo, portano valore), condite dal sapere che il ricavato servirà per una buona causa.

Per farlo ovviamente non basta avere la disponibilità del personaggio con “poteri professionali” che ricadono nel mondo del cinema e/o del teatro.

Vediamo la questione da due punti di vista: quello della realtà nonprofit che voglia utilizzare questo genere di raccolta fondi per la propria buona causa e quello dell’ipotetico testimonial.

La realtà nonprofit, una volta analizzati l’utilità e i rischi per la propria organizzazione nell’usare un testimonial e una volta attivato il processo inevitabile di “sua conquista emozionale”, dovrebbe cominciare a non limitarsi a chiedere l’utilizzo della sola sua immagine come testimonianza di un processo di crescita e di affermazione della buona causa che porta avanti: deve osare, deve tentare di proporgli di fare quanto ha potuto fare Paul Haggis!

Allo stesso tempo, deve attivare in piena sinergia con il testimonial, quel processo di cura delle relazioni che andrebbero a facilitare una raccolta fondi di questo tipo: parliamo quindi delle università, delle scuole di cinema e teatro, ecc.

Dal punto di vista dell’attore o regista o produttore, sapere che la sua professione (quindi non solo la fama proveniente dalla sua professione), possa contribuire in maniera concreta alla crescita ed affermazione dell’organizzazione a cui ha deciso di affiancarsi, anche per un solo evento, certamente accresce quella responsabilità sociale che ogni essere umano ha (o dovrebbe avere!) ma ancor di più, chi sa che riveste un ruolo decisamente importante per tanti addetti ai lavori, che sarebbero disposti comunque a pagare pur di ascoltarlo.

Mi domando allora perché questo tipo di raccolta fondi continua ad essere poco diffuso? È anche qui una questione culturale? Dipende dal fatto che parliamo di un settore affascinante sì, ma che con molta facilità ci invita istintivamente a vedere questi personaggi con poteri professionali allettanti per il fundraising, troppo distanti da questioni legate ad una buona causa sociale? Dobbiamo aspettare che ci sia un Paul Haggis italiano, magari Presidente e fondatore di un’organizzazione nonprofit?

Come fundraiser mi propongo di approfondire. Vi farò sapere.