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Post con Tag ‘crowdfunding’

Online o offline, e’ la comunita’ che fa la differenza: 4 lezioni da 3 esperienze di fundraising

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Chi mi conosce sa che ho il pallino per questo tema della comunità e del ruolo fondamentale che riveste per il fundraising.

Sono spinto a riprenderlo con forza da tre casi (o meglio fenomeni), che mi sono capitati sotto gli occhi nell’arco di pochi giorni occupandomi di fundraising per gli archivi: tre campagne tecnicamente diverse (tesseramento, contatto diretto, crowdfunding) ma che mettono in evidenza come il fattore “comunità” sia stato il traino del loro successo.

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Subscription crowdfunding: se la campagna e’ ricorrente

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Boston, Massachusetts: Karen Hallion porta avanti la sua attività artistica di illustratrice grazie ai (finora) 480 mecenati che ogni mese ne patrocinano il lavoro garantendole (finora) 1.914$ ogni mese.

Complêxo da Maré, Rio de Janeiro: la Ong Redes da Maré realizza progetti nel più grande complesso di favelas di Rio de Janeiro. Tra questi c’è un portale di notizie che contribuisce a diffondere uno sguardo diverso sulle comunità locali dove la Ong opera. Per rafforzare il progetto hanno inserito un tirocinante in giornalismo, rimborsato grazie al contributo mensile di 1.500 reais brasiliani, frutto della scommessa di (finora) dodici sostenitori.

Broome, Australia Occidentale: anche attraverso le donazioni mensili ricevute mediante una piattaforma di crowdfunding, il Marnja Jarndu Women’s Refuge garantisce assistenza alle donne aborigene vittime di violenza.

Tre esempi di subscription crowdfunding, crowdfunding ricorrente o regular giving.

Un modello emergente di crowdfunding che si sta facendo strada e che potrebbe essere molto interessante per il nonprofit.

Ci sono diverse piattaforme ognuna con le sue regole e orientata a diverse tipologie di beneficiari. Gli esempi appena fatti provengono dalle piattaforme Patreon, Benfeitoria, e Mycause. Non voglio entrare nel merito ma fare solo alcune considerazioni.

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Crowdfunding per la Grecia: 3 esperti a confronto

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L’iniziativa è quella di un 29enne londinese, Thome Feeney che ha lanciato sulla piattaforma Indiegogo una campagna di crowdfunding per raccogliere il miliardo e 600 milioni di euro di debito che Atene ha con il Fondo monetario Internazionale. “Basterebbe che ogni cittadino europeo donasse 3 euro”, ha detto Feeney.

In meno di 48 ore la piattaforma ha raccolto 474.513 euro e il risultato finale è stato di 1.930.577 euro raccolti attraverso 108,654 donatori in soli 8 giorni.

Thome Feeney ha promesso una cartolina di Alexis Tsipras per chi dona 3 euro, un’insalata di olive e di feta per chi ne versa 6, mentre se si arriva a 10 si garantisce una bottiglia di ouzo, il liquore greco all’anice.

Su questo episodio abbiamo chiesto il parere di tre esperti: Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-Raising.it, Maurizio Imparato, crowdfunding training expert 
titolare di Master Mind srl, società di consulenza su crowdfunding e tecniche di vendita e Chiara Spinelli di Registro.it, pioniera del crowdfunding in Italia e evangelist della rete.

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Campagne di crowdfunding: quando hanno successo?

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Una campagna di crowdfunding è una cosa. Una campagna di crowdfunding di successo è un’altra.

Sulle potenzialità del crowdfunding si dice molto e spesso se ne esalta la carica innovatrice. Il dibattito è sempre più approfondito e il numero delle piattaforme continua a crescere (nel nostro paese sono circa 60). Tutto bene.

Secondo i dati disponibili, in Italia fino a novembre 2012, su 8.819 progetti approdati sulle piattaforme di crowdfunding, ne sono stati finanziati 2.477 (più o meno il 28%); a maggio 2014, circa un anno e mezzo dopo, i progetti presentati erano 48.357, di cui solo 12.809 sono stati approvati e pubblicati. Di questi, 4.703 sono stati finanziati per intero. Ciò significa che meno del 10% dei progetti presentati in Italia riceve il contributo richiesto ai donatori del Web.

I dati possono essere interpretati come meglio si crede. Di certo c’è che aumentano le piattaforme e le campagne di crowdfunding e che gran parte di queste non ottengono il risultato sperato.

Non sta a me andare oltre in questa analisi. Quello che invece mi interessa e su cui penso di poter dare una risposta, sono gli aspetti di comunicazione on line e strutturazione della campagna nel campo del non profit.

Sì, perché sono convinto che molte campagne di crowdfunding potenzialmente vincenti sono disegnate in modo disastroso e raggiungono il solo traguardo di demoralizzare i fundraiser e le organizzazioni.

Spesso nel predisporre una campagna di crowdfunding non si tengono in conto le 5 regole d’oro descritte da Massimo Coen Cagli su Vita.

In molti casi, pur avendo a mente tali regole, si agisce in modo superficiale o non si fa il massimo degli sforzi per presentare al meglio il progetto da finanziare.

In fin dei conti, il donatore sceglie anche in base all’immagine e alla consistenza che il nostro progetto riesce a trasmettere tramite lo schermo. Personalmente non donerei a un’organizzazione che presenti le cose senza troppi dettagli o che non mi dia il massimo delle garanzie.

Una volta chiariti potenzialità, limiti e meccanismi del crowdfunding e dopo aver scelto la piattaforma più adatta al progetto da finanziare, dovremo fare il massimo per rendere la campagna vincente. Ci sono una serie di azioni che, nei limiti delle possibilità della nostra organizzazione, dovremo mettere in atto quando disegneremo la nostra campagna.

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Facebook scende in campo: via al digital fundraising!

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Novembre 2014 resterà un mese storico per il digital fundraising in Italia.

Il “gigante blu”, Facebook, ha iniziato a promuovere anche nel nostro paese la possibilità di donare on line direttamente dal proprio profilo, complice probabilmente l’emergenza Ebola che ci tiene un po’ tutti sulle spine e che ormai tutti conosciamo bene per i più disparati motivi e che, diciamocelo, oggi è una potenza comunicativa.

La pagina dedicata è molto curata e risponde bene a diverse esigenze di informazione e comunicazione. È palese che Facebook ci sappia fare e che non si vergogni a farlo vedere (anche nel nonprofit).

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