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Facebook scende in campo: via al digital fundraising!

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Novembre 2014 resterà un mese storico per il digital fundraising in Italia.

Il “gigante blu”, Facebook, ha iniziato a promuovere anche nel nostro paese la possibilità di donare on line direttamente dal proprio profilo, complice probabilmente l’emergenza Ebola che ci tiene un po’ tutti sulle spine e che ormai tutti conosciamo bene per i più disparati motivi e che, diciamocelo, oggi è una potenza comunicativa.

La pagina dedicata è molto curata e risponde bene a diverse esigenze di informazione e comunicazione. È palese che Facebook ci sappia fare e che non si vergogni a farlo vedere (anche nel nonprofit).

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Groupon: crowdfunding o corporate fundraising?

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Sono ormai alcuni anni che per le organizzazioni nonprofit è possibile fare un’operazione di raccolta fondi attraverso Groupon, sfruttando quella che l’azienda stessa chiama la Groupon Community.

Sulla comunità on line, che trova spazio all’interno del blog di Groupon, sono elencati i progetti sociali cui i clienti del portale hanno potuto aderire con una donazione.

L’ultima campagna conclusa su Groupon riguarda il progetto “InDifesa delle bambine”, realizzato da Terre des Hommes. La campagna ha permesso di raccogliere 6.266€ in due settimane. Da notare il link che è stato creato tra la festa della donna e il progetto in favore delle bambine con una sorta di link di genere.

Questa ovviamente non è l’unica campagna che ha trovato diffusione e spazio attraverso Groupon e la sua comunità. Dal 2011 ad oggi sono diversi i progetti cui è stato possibile fare una donazione.

L’AIRC ha raccolto 9.166€ in due settimane con la campagna “Dona un bacio…accademico” che ha trovato spazio nel periodo di San Valentino. In questo caso l’obiettivo era di 25.000€ (quindi non è stato raggiunto) ma la raccolta è stata in ogni caso interessante.

In queste due campagne il donatore faceva una donazione secca, ovvero non otteneva nessun beneficio reale, se non l’adesione alla causa ed al progetto.

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Content curation e fundraising: 3 errori ricorrenti

Content curation e fundraising

Le parole contano, i racconti servono, le storie colpiscono. Ogni esperto di comunicazione per le organizzazioni non profit ti dirà che “il contenuto è re”. Un contenuto ben studiato e diffuso produrrà risultati utili alla causa della tua organizzazione. Si tratti di un testo, di un’immagine o di un video, con tutte le varianti che queste tre forme di trasmettere un messaggio si portano appresso.

Se il contenuto è al centro della strategia di marketing, la qualità con cui questo è creato e presentato al pubblico diventa fattore di primo piano. La storia insegna che non tutti i re si sono fatti apprezzare e che non basta vedersi assegnare un titolo se poi non si riesce a comunicare efficacemente con la comunità.

Qui interviene il lavoro di content curation del copywriter, aspetto che spesso è trascurato o sul quale non si pone la necessaria importanza, nonostante si sia scelto di intraprendere la via del content marketing. Il problema è molto diffuso nella comunicazione on line. Se da un lato molte organizzazioni non profit stanno puntando sugli strumenti del Web 2.0, dall’altro la scrittura su tali strumenti viene, forse meccanicamente, considerata meno importante e ci si permettono licenze a regole linguistiche basilari che, se rispettate, contribuirebbero alla qualità e quindi all’efficacia del messaggio.

Da qui la decisione di dedicare quest’articolo all’importanza della scrittura nelle campagne di comunicazione e fundraising del non profit (del resto la Scuola di Roma Fund-Raising.it organizza anche un seminario dedicato al tema oltre a un workshop sull’uso dei social media nel non profit). Lo farò mostrandovi tre errori ricorrenti nella content curation per il non profit.

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Clickattivismo: il fundraising che a qualcuno non piace

Clickattivismo

Una  collega  ha segnalato su Facebook quest’articolo a cura di uno dei due network radiotelevisivo statale australiano. L’articolo punta il dito contro chi grazie ai “like” su Facebook sotto ai post delle Ong, delle emergenze e delle diverse campagne, si sente liberato da un peso morale. Invita quindi a schierarsi non più solo on line, ma off line ed in prima persona con maggiore forza.

Fin qui si può essere d’accordo, sappiamo tutti infatti che per una buona percentuale questo è reale, ognuno di noi ha la bacheca intasata da diversi stimoli sociali, anche da persone che fino al giorno prima non sapevano nemmeno cosa fosse un PVS o un’emergenza sanitaria. La campagna Kony 2012 ne è un fulgido esempio.

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Social Media per il Fundraising: procediamo con ordine!

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Facebook, Twitter, Tumblr, Instagram, Pinterest, Flickr, LinkedIn, Google +, Vine, WordPress, Myspace, Foursquare… Queste poche piattaforme bastano solo a scalfire la punta dell’iceberg delle possibilità offerte dal mondo dei social media. Cerchiamo però di stare attenti e non disperderci troppo!

Ogni social network ha la sua destinazione d’uso: condivisione di contenuti testuali, immagini, geolocalizzazione, microblogging, videosharing e così via.

La cosa importante, a questo punto, diventa quella di saperne scegliere due o tre in grado di veicolare al meglio la nostra causa sociale, evitando in questo modo di cadere nel tipico errore di aprire una ventina di profili e di gestirne realmente solo tre.

Il rischio di aprire un profilo su un social network è reale se non lo si fa con le dovute cautele: pensiamo ad un utente che ci scrive su Twitter al quale non rispondiamo mai perché l’ultima volta che ci siamo collegati al servizio di microblogging eravamo connessi con il modem 56k! Cosa può pensare di noi?

Sicuramente niente di positivo! Abbiamo perso così un contatto e chissà quanti altri, dal momento che sui social network è facile condividere il proprio disappunto con altre persone connesse al nostro medesimo account.

Il mio consiglio è quindi di scegliere con criterio e con coscienza le nostre possibilità. Facciamo qualche esempio.

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