Spesso quando si parla di fund raising sul Web si pensa subito alla necessità di dominare con avanzate tecnologie un mezzo di comunicazione e relazione potente quanto misterioso. Insomma un mondo fatto per gli “smanettoni” (termine tecnico romano di alto profilo!) e gli informatici di professione, in cui i comuni mortali vengono per lo più guidati a percorrere le vie di Internet affinché portino soldi.
In parte è vero. Come in tutte le cose, poca professionalità e tecnologia portano scarsi risultati. Ma è vero anche che senza strategia e senza passione le tecnologie da sole fanno poco. A volte quindi è opportuno muovere i primi passi usando passione e strategia.
Ed ecco un esempio di un uso del Web tanto intelligente quanto semplice applicato alla raccolta fondi.
L’altro giorno mi arriva un’email di una carissima amica che si rivolgeva a più conoscenti per pubblicizzare un evento di raccolta fondi per l’Associazione Alba. Si tratta di un’associazione che fa raccolta fondi che dichiara però di non avere una struttura di fund raising (segno che fund raising lo possono fare proprio tutti già a partire da un uso sensato della propria intelligenza)
Questo insieme di destinatari in qualche modo rappresenta un gruppo che interagisce automaticamente grazie al fatto che ciascun destinatario risponde a tutti i membri. E rispondendo attiva a sua volta altri soggetti o dà notizia di questa attivazione.
Infatti in poco tempo (mezza giornata) mi giungono 4 risposte che a loro volta sembrano innescare altre reti di conoscenti. Insomma il buon vecchio passaparola sfruttando il Web con un costo prossimo allo zero. Ecco una di queste:
Una strategia dietro alle email di fundraising
Tutto ciò ha funzionato sì per la incredibile facilità e rapidità del mezzo ma anche e soprattutto per la strategia che c’è dietro, che è basata sui reali punti di forza dell’associazione e della sua proposta. Ossia:
1La rete di amici fortemente relazionata e che condivide interessi comuni (una rete coesa).
2Una proposta giusta che incontra gli interessi delle persone contattate (un’offerta non convenzionale e di qualità di carattere culturale e artistico).
3(Soprattutto) la valorizzazione del fattore fiducia che intercorre tra le persone coinvolte (questa cosa la faccio perché me la consiglia “tizio” di cui mi fido e per giunta per una causa sociale giusta e con un’opportunità di passare una serata culturalmente e socialmente (nel senso delle relazioni sociali) piacevole.
4La capacità delle reti (fiduciarie) di aprire nuove opportunità in quanto producono automatiche forme di attivismo (se “tizio” si attiva per… anche io mi attivo per… in quanto membro della stessa rete).
5Un messaggio amicale e non strettamente promozionale. Un messaggio scritto non da un fundraiser professionista ma da una persona che scrive ad un amico. Insomma: un messaggio vero. Ricordiamo il buon vecchio principio: “Fundraising è persone che chiedono a persone” e quindi il valore del fattore umano.
Cinque semplici caratteristiche che se possedute da un gruppo di persone e da un’associazione (i suoi membri) possono fare una significativa mobilitazione a costo zero.
Ma il risultato numerico è molto importante. Noi fundraisers siamo abituati a produrre 10 contatti per avere 1 risposta (quando va bene). In questo caso abbiamo 1 contatto con 10 risposte. E per giunta 10 risposte di soggetti che altrimenti non avremmo mai contattato in modo efficace.
Per cui: è meglio una redemption del 10% o del 1.000%?
Direi proprio la seconda.
Ah! Dimenticavo: io sono un pezzo di questo 1000%
P.S. di questo si parla nel corso email marketing. Che dici ti iscrivi? Puoi farlo subito qui.
Barbara Bagli @babagli