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ASSIF: Identikit del fundraiser italiano. Apriamo il dibattito

Sono stati pubblicati i dati dell’indagine effettuata dall’ASSIF e volta a raccogliere indicazioni e informazioni utili a costruire la nuova ASSIF.

Mi sembra che il dato più rilevante dell’indagine sia quello relativo alla tipologia dei rispondenti: più dell’80% non è socio ASSIF.

Il che vuol dire tre cose evidenti:

  • la scarsa rappresentanza di ASSIF fino ad oggi;
  • una differente attenzione alla dimensione associativa professionale da parte della vecchia generazione di soci rispetto a quella (speriamo) futura;
  • la grande voglia di fare riferimento ad una struttura associativa (altrimenti 320 fundraiser non avrebbero risposto all’indagine di ASSIF).

La terza è una grande buona notizia e rappresenta anche la misura della sfida che la nuova ASSIF dovrà sostenere per adeguarsi al nuovo contesto del fundraising italiano.

Identikit del fundraiser italiano: il profilo dei rispondenti

Un altro dato è invece molto ambivalente. Quello del profilo dei rispondenti. In maggioranza hanno un alto grado di formazione e sono integrati professionalmente nella organizzazione (con contratti differenti). Da un lato questo ci dice che siamo un’area di professionisti a tutti gli effetti. E questo è buono. Dall’altro lato però mi preoccupa che l’attenzione verso l’ASSIF venga da una tipologia di fundraiser “professional”, che è importantissima ma non è l’unica. Visto il profilo,

sospetto che manchino risposte da quei dirigenti e volontari che pur non chiamandosi fundraiser sono quelli che ogni giorno raccolgono fondi, magari in modo spontaneistico e senza strutture adeguate.

Ecco, io credo che l’ASSIF deve essere anche e soprattutto l’Associazione di questo “popolo” e non solo del popolo dei “professional”. Se non altro perchè l’80% del nostro fundraising italiano ha questa natura antropologica. Il rischio altrimenti è che noi ci tariamo solo sui problemi e le aspettative di una porzione del nostro mondo. Chiaramente, un approfondimento di ricerca sui rispondenti potrebbe avvalorare o al contrario contraddire questa mia personale interpretazione.

Gli altri dati mi sembra che rappresentino importanti conferme.

Fundraiser italiani: distribuzione sul territorio

La prima è che i fundraiser sono presenti in Italia in ugual misura (la concentrazione geografica rispetta quella della popolazione italiana e/o del numero di organizzazioni). Se il numero di rispondenti è più alto al nord, a ben vedere, la concentrazione (ossia il rapporto tra rispondenti e numero di organizzazioni) è invece più o meno uguale dappertutto. Sarebbe utile far vedere il rapporto n. rispondenti/n. di organizzazioni non profit/n. di abitanti. Certamente il Sud resta ancora troppo sottorappresentato. Una mia personale stima mi porta a dire che nel Sud hanno risposto 1 fundraiser ogni 80 organizzazioni di volontariato. Mentre la media italiana dovrebbe essere di 1 fundraiser rispondente ogni 46 organizzazioni di volontariato.

E questa è forse già la prima indicazione di lavoro per l’ASSIF: bisogna avere un programma di sviluppo del fundraising nel SUD, dove forse la crisi economica impatterà per ovvie ragioni in misura maggiore sia sulla società, sia sulle organizzazioni.

Una richiesta comune dai fundraiser

La seconda è che tutte le opzioni offerte ai rispondenti circa le loro aspettative e circa le azioni che ASSIF dovrebbe realizzare ricevono un punteggio altissimo (nel primo caso mai sotto l’86%; nel secondo caso mai sotto il 65%): insomma tutti vogliono networking, accreditamento, promozione, servizi per la professionalità, ecc.. E tutti ci chiedono di fare: ricerca, formazione, relazioni con il profit, ecc. Questa omogeneità, per essere sincero, non ci aiuta, perchè ci dà poche informazioni specifiche. E questo è un leggero difetto metodologico della ricerca, che mi ero permesso di fare presente prima del suo lancio.

Se raffrontiamo questo dato con il plebiscito registrato dalla risposta circa il fatto che fino ad oggi non ci si è iscritti all’ASSIF (“Non mi sono chiari i benefici che derivano dall’essere soci” è la risposta data dal 60% dei rispondenti non soci),

appare chiaro che il primo programma di ASSIF è quello di esistere e di mettere in moto progetti e azioni su ognuno di questi punti per incominciare a dare una identità chiara all’Associazione. Insomma: il primo obiettivo è dare un cenno della propria esistenza e del proprio impatto.

ASSIF: una maggiore presenza sul territorio

Il Consiglio Direttivo, infine, molto opportunamente, mette in evidenza – commentando la ricerca – che i rispondenti segnalano “l’esigenza che l’ASSIF sia più presente sull’intero territorio nazionale con eventi locali ed incontri specifici, rafforzando la conoscenza di questa nuova professionalità oggi sempre più richiesta dalle organizzazioni che operano nel Terzo Settore, ma ancora poco riconosciuta”.

Credo che il primo passo sia proprio quello di portare l’ASSIF alle radici dell’erba del fund raising italiano, anche per comprendere meglio il nostro popolo, da chi è fatto e con l’intento di far riconoscere in esso le diverse anime presenti: quella professionale, quella volontaria, quella tradizionale, quella innovativa, quella settentrionale e quella meridionale, ecc..

Ma come la vedreste voi una prima serie di incontri al livello regionale o interregionale con i nostri colleghi, non tanto e non solo per presentare ASSIF, ma soprattutto per andare in profondità su alcuni temi, partendo senza dubbio da questa indagine, ma anche mettendosi in una posizione di ascolto interessato sui problemi e le prospettive e offrendo al nostro popolo un’occasione per progettare insieme  la nostra associazione?

Insomma, una stagione costituente (o ricostituente?) e partecipativa. Io sarei pronto a partire domani per questo. L’ho detto all’ASSIF e lo ribadisco pubblicamente.

Avanti dritta su questa strada!