In questi giorni è circolata la proposta di partecipare ad una gara di appalto per la realizzazione di un evento di fund raising a favore della Croce Rossa Italiana. Rappresenta uno dei documenti più utili per capire fino in fondo cosa non sia il fund raising. Complimenti!
La sua lettura aiuterà non poco i giovani professionisti della raccolta fondi a comprendere da quali rischi bisogna guardarsi e i professionisti di lunga data a comprendere come vada affermata, in fretta e con forza, una cultura e delle regole condivise sul fund raising.
Il fatto che tale documento venga da un’antica e titolata istituzione sociale, lo rende particolarmente “autorevole”.
Lo potete leggere per intero qui, mentre di seguito vorrei commentare alcuni passi salienti.
Il fundraising come servizio esterno all’Associazione
Secondo la Croce Rossa Italiana il fund raising è quindi un prodotto-servizio fornito da un soggetto esterno a scatola chiusa. Questo prodotto si basa sulla capacità dell’agenzia (di fund raising? Di comunicazione e eventi?) di attrarre sponsor e donatori. L’Associazione non c’entra nulla con la capacità di raccogliere fondi. Il fund raising non è dell’Associazione ma di un tecnico esterno che lo fornisce alla Associazione.
Il fundraising come mezzo per trovare donazioni e non donatori
Speriamo che lo determinino prima dell’evento. Forse potrebbe essere utile far sapere ai donatori (partecipanti all’evento) per cosa servono i loro soldi oltre che a passare una bella serata tra cantanti e vip. Se non ricordo male il fund raising è la raccolta di risorse per una missione e un progetto. Se mancano queste il fund raising non può che essere indebolito e il donatore non sa per cosa deve dare i soldi. Quindi non sa cosa deve controllare a posteriori per capire se la sua donazione è stata efficace o meno.
Fundraising a percentuale
Ma andiamo a identificare questi donatori e a cercare di capire chi dovrebbero essere.
Dunque la Croce Rossa Italiana indicherà degli invitati la cui donazione sarà presa interamente dalla Croce Rossa Italiana stessa. Beh, certamente non la devono prendere altri. Ma la questione è: “Ma se sono tuoi donatori c’è bisogno di fare un grande evento per chiedere la loro donazione? Perché spendere una caterva di soldi per chiedere la donazione ad un donatore? Con tanto di gara di appalto poi”!
E tutti i donatori che non sono stati indicati dalla Croce Rossa Italiana che fine fanno? Se li prende l’agenzia? Vediamo come vengono ripartiti i soldi.
Quindi l’agenzia è un donatore della Croce Rossa Italiana. Ma siamo sicuri che è una donazione? Oppure è l’acquisto della possibilità di usare il marchio dell’Associazione? Sotto il profilo fiscale di cosa si tratta? Infatti l’Agenzia si “riprende” la sua “donazione” attraverso i proventi dell’evento. Cosa ha donato quindi?
Beh, qui è tutto chiaro. L’agenzia ha speso dei soldi che gli vanno rifondati, più un 10% di premio.
Accidenti! Questo punto è fantastico! Traduco in termini pratici: tolto quanto dovuto alla Croce Rossa Italiana perché proviene dai donatori segnalati da essa, tolti i costi dell’evento più 10% di premio, tutto il restante, ossia il grosso dell’evento di beneficenza (e sottolineo beneficenza) va diviso tra Croce Rossa Italiana (che prende un 60%) e l’Agenzia che prende il resto. Con questo resto l’agenzia si riprende i 50.000 euro donati all’Associazione, più tutto quello che riesce a guadagnarci. Questo resto che cos’è? Una donazione? No, certo. È il provento di un’azione commerciale dell’Agenzia verso la Croce Rossa Italiana. Quindi io donatore partecipo all’evento per donare alla Croce Rossa Italiana e con i miei soldi la questa paga l’Agenzia. Più si dona per la causa (ma quale è?) più si arricchisce (onestamente) l’agenzia.
Un fundraising dal profilo fiscale poco chiaro
Continuo a sospettare che il profilo fiscale e tributario di tutto ciò è poco chiaro e forse anche un po’ equivoco. Soprattutto pensando che la Croce Rossa Italiana è un ente “controllato” dallo Stato. A tal proposto ho chiesto a Carlo Mazzini di analizzarlo e darci dei lumi. Io non sono un esperto. Sollevo solo il dubbio. Dubbio che forse si dovrebbero far venire anche le Istituzioni che patrocinano e controllano la Croce Rossa Italiana. Caro Napolitano, vorrei sapere il tuo parere…
Al di là della forma, è la sostanza che mi preoccupa:
- il fund raising è una attività esterna all’organizzazione.
- il fundraiser lavora a percentuale con lo scopo quindi di aumentare quanto più le entrate e quindi i propri profitti.
- il resto è strumentale all’obiettivo economico (ricordo che il fund raising è un mezzo per la missione e la sua organizzazione e non viceversa. Così almeno la pensava Rosso e la pensiamo tutti noi).
- I donatori sono un terzo incomodo: devono dare i soldi in cambio di qualcosa di piacevole da scambiare (vecchio principio del marketing). Il loro ruolo rispetto alla missione e all’organizzazione è strumentale. Ossia: non sono uno stakeholder.
Ps. Ne approfitto per ricordarvi di seguirci su Twitter, LinkedIn e Facebook: il dibattito è anche lì!
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