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Fund raising significa abbracciare una causa e non aver paura

Se ti abbraccio non aver paura

Tempo fa ho avuto la fortuna di vedere in televisione l’intervista a  Franco Antonello, papà di Andrea.

Andrea è un bellissimo ragazzo di 18 anni ed è stato diagnosticato come autistico all’età di tre anni. L’autismo colpisce da 5 a 50 persone su 10.000 a seconda dei criteri diagnostici utilizzati. Colpisce soprattutto i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile e si manifesta in genere entro i tre anni.

L’intervista era in occasione del lancio del libro scritto da Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura” edito da Marcos Y Marcos) nel quale si racconta la storia vera del lungo viaggio in moto attraverso gli Stati Uniti e America Latina, un viaggio fatto da Franco insieme a suo figlio Andrea.

“Per certi viaggi non si parte mai quando si parte. Si parte prima. A volte molto prima…”

Sono bastate poche parole. Suo figlio probabilmente è autistico. Durante l’intervista ho visto un uomo che ha raccontato con un’estrema semplicità il momento della diagnosi dei medici, ha spiegato con estrema chiarezza cos’è l’autismo in relazione a suo figlio ma cosa più importante ha aiutato le persone a capire cosa non è l’autismo.

E ha costituito la Fondazione I Bambini delle Fate attraverso la quale mette in contatto la realtà delle imprese con le varie associazioni che si occupano di autismo. Vi invito a visitare il sito: è uno splendido esempio di corporate fund raising.

Ho comprato il libro e lo sto leggendo. Con la stessa semplicità, chiarezza e anche umorismo Franco ha raccontato del suo viaggio in moto con Andrea, delle difficoltà incontrate, delle paure ma anche delle scene esilaranti. Proprio questo mi è piaciuto. Perché ha mostrato tutto: difficoltà e bellezza. Sì, bellezza!

Nel 2010 ho iniziato una consulenza presso il Filo dalla Torre, un’associazione che si occupa di autismo. Sono arrivata da loro con un bagaglio di pregiudizi sull’autismo che, in confronto, la borsa di Mary Poppins era un marsupio: un bambino autistico non comunica, sa contare come Rain Man ecc.

A poco a poco, raccontandomi il loro lavoro, mi si è aperto un mondo. Un bambino autistico è in grado di comunicare, a suo modo certo, ma può farlo. Riesce a compiere gesti di vita quotidiana che noi non ci accorgiamo neanche di fare; sa cucinare la caponata e, cosa più importante, sradica certe tue assurde convinzioni e ti mette fortemente in discussione.

Ci sono cause sociali molto appetibili dal punto di vista del fund raising, basti pensare all’infanzia, alla ricerca scientifica e medica.

L’autismo pur racchiudendo queste caratteristiche (colpisce i bambini ed è un tema per affrontar il quale è fondamentale la ricerca visto che è una condizione di cui non si conoscono le cause e per cui non esiste cura) è percepita come una causa sociale di nicchia proprio per i pregiudizi che porta con sé: una malattia senza speranza, le persone che ne sono affette sono ingestibili, figuriamoci poi se è un adulto affetto da autismo.

Pertanto un’azione efficace di raccolta fondi deve per forza essere preceduta da un’azione di sensibilizzazione potente che miri a far conoscere cosa l’autismo non è e a far cambiare la prospettiva.

Ascoltando Franco Antonello, Caterina, Valeria, Giulia, Jonathan, Pina e Giusy si ha la sensazione che ci sia una speranza di vita funzionale  per questi bambini.

Ecco: persone come loro sono capaci di smuovere le montagne e soprattutto le coscienze, ottenendo, di conseguenza, degli ottimi risultati nella raccolta fondi per una causa “di nicchia”.

Ascoltami…La  storia che ti voglio raccontare ha la forza della vita vera e la bellezza di un sogno”

Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura” – Marcos Y Marcos.