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Fundraiser: professionista, volontario o mago?

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Negli ultimi tempi il fundraising comincia ad essere sulla bocca di tutti.

Questa volta la segnalazione me l’ha fatta mio padre che, da vorace lettore di giornali, mi ha messo da parte un articolo che parla della figura del fundraiser.

In questo articolo, pubblicato dal supplemento di Repubblica Affari & Finanza si parla del fundraising come di uno degli strumenti per uscire dalla crisi.

Infatti, sempre secondo quest’articolo, il credit crunch avrebbe messo in fuga le aziende e i nuovi imprenditori dalle banche, costringendoli ad esplorare nuove vie per trovare le agognate risorse per fare start up di impresa.

Spesso veniamo contattati da rappresentanti dei mondi più vari che sono alla ricerca di fondi e le modalità con cui vorrebbero pagare sono le più varie, dalla percentuale anche molto alta (che, come già ripetuto molto spesso, non solo non accettiamo ma stigmatizziamo addirittura per i motivi che si possono approfondire qui sul nostro blog e sul sito dell’ASSIF), alla percentuale con un forte investimento da parte del soggetto che dovrebbe organizzare l’evento.

La novità principale in questo caso sta nella causa sociale, ma non solo. Ci aiuta ad analizzare la questione la definizione di fundraising sviluppata dal nostro direttore scientifico.

Secondo tale definizione, il fundraising è “un’attività strategica di reperimento di risorse finanziarie volte a garantire nel tempo la sostenibilità di una causa sociale e dell’azione collettiva organizzata necessaria a perseguirla e a promuovere il suo sviluppo costante affermando la propria identità sociale verso una molteplicità di interlocutori”.

Sviluppo di impresa, start up e fundraising

È fuori di dubbio che per sviluppare uno start up imprenditoriale di tipo profit, trovare le risorse necessarie sia strategico e il fatto che venga fatto prima ancora che l’idea venga realizzata e promossa dall’imprenditore o dal futuro imprenditore (e qui si tratta di imprenditore a tutti gli effetti, in particolare se accetta un prestito e si assume il rischio di impresa) credo rafforzi la mia tesi.

Veniamo alla parte legata alla sostenibilità nel tempo. Qui si cerca un finanziamento per lo start up e non un sostegno duraturo. La sostenibilità dovrebbe essere data dal progetto imprenditoriale. Questa caratteristica si trova sempre maggiormente anche nei finanziamenti erogati dalle fondazioni a favore del non profit, nei cui bandi viene sempre con maggiore forza inserito un richiamo al fatto che non si finanziano spese di gestione e che saranno scelti o preferiti quei progetti che evidenzino il modo in cui intendono garantirsi la sostenibilità nel futuro. Inoltre quante volte ci avete sentito ripetere qui sul BlogFundraising e nelle nostre lezioni come la donazione sia un investimento sociale, e quindi a maggior ragione non può essere l’idea che si tratti di un investimento a far uscire questa attività dalla porta del fundraising.

Nella definizione si parla della sostenibilità di una causa sociale. Rientra il finanziamento dei giovani e dei giovani imprenditori tra le cause sociali?

Non sta a me dirlo ma solo il fatto che ci si ponga la domanda dimostra come nuove cause sociali nascano e prendano piede in poco tempo. Certamente dieci anni fa la maggioranza di noi avrebbe risposto che non si tratta di una causa sociale, ma lo stesso si sarebbe potuto dire di altre cause oggi affermate (sanità e cultura, per esempio).

L’azione collettiva potremmo identificarla nella forma giuridica, quindi basterebbe che si tratti di una Srl o una Sas. Qui vedo una debolezza, però. Infatti l’idea non è sempre collettiva anzi il brainstorming come la scrittura collettiva sono tra le attività che si esercitano con maggiori difficoltà.

Anche l’affermazione di un’identità sociale appare complicata, non avendo il soggetto proponente necessariamente un’identità sociale (certamente quella individuale sì). Il che pone la questione se al centro di tale attività di fundraising vi sia la mission/progetto o la relazione. Forse entrambi!

Ammetto che ho iniziato a leggere l’articolo e ho pensato che non si trattasse di fundraising. Mano a mano che leggevo, però, i dubbi si andavano affievolendo, fino a leggere alla fine dell’articolo un virgolettato della mia amica e collega Cristina Delicato. In quel momento ho pensato che forse è vero ciò che ci diciamo sempre, ovvero che il mondo spesso va più veloce di noi!

Voi cosa ne pensate? Si tratta di fundraising?