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Fundraising e politica: uno sguardo ai partiti nella campagna 2013

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Pochi giorni fa, il 22 gennaio, si è tenuto presso la Scuola di Roma Fund-Raising.it, in collaborazione con Raise the Wind, agenzia di formazione, consulenza e ricerca di Raffaele Picilli, il nostro primo corso di fundraising per la politica che verrà ripetuto in autunno.

È di questi giorni l’inchiesta della Repubblica sulle spese elettorali ed il finanziamento privato ai partiti politici: buona parte della campagna elettorale si baserà anche su questi elementi.

Dall’inchiesta emergono elementi di riflessione interessanti.

Strategie di fundraising dei partiti politici per la campagna elettorale

Il Partito Democratico prevede di spendere 6,5 milioni di euro ammortizzandone due milioni con il fundraising. Va detto che il PD è uno dei pochi soggetti che si è dotato di un bilancio certificato oltre che di un bilancio sociale. Chapeau al PD per quest’iniziativa.

Dal sito emerge che il PD ha raccolto come erogazioni liberali nel 2012 circa 460.000 €. Sicuramente è una bella sfida passare a 2 milioni.

Il Popolo della Libertà non entra nel merito delle cifre, non fornendone se non usando un coefficiente per calcolare il tetto di spesa. Secondo questo calcolo saranno spesi circa 52.000 € più una cifra ottenuta moltiplicando il numero degli abitanti del collegio per il coefficiente 0,01. Questa la cifra che un singolo candidato si potrà permettere di spendere. Oltre a questa cifra ci sarà la campagna nazionale ma anche qui non esistono dati ufficiali, anzi si prospetta un buco che il partito cercherà di colmare con il fundraising. Il tesoriere afferma: “La settimana scorsa abbiamo aperto un conto corrente ad hoc, speriamo nei soldi delle donazioni. E nel buon cuore dei candidati”.

Insomma la cara e vecchia strategia basata sulla provvidenza, ma forse il PDL di santi in paradiso ne ha.

Sinistra Ecologia Libertà prevede di spendere circa 900.000 € per la propria campagna elettorale. Il 50% di questi fondi deriverà dalla cartolarizzazione dei crediti vantati verso lo Stato (si potrebbe aprire un dibattito del perché le banche siano disposte ad acquistare questi crediti e non altri tipi di crediti, come quelli vantati dalle imprese che lavorano con gli enti locali ad esempio), ed il restante da tesseramento e autotassazione (volontaria?) dei consiglieri regionali.

Si sarebbero potuti usare i fondi ricavati con le primarie, ma questi erano vincolati e non vi è comunque stato nessun’avanzo. Resta l’obbligo di trasparenza laddove il contributo superi i 5.000 € e in quel caso il partito fa anche la dichiarazione congiunta al presidente della Camera. Alla domanda se questo fosse già capitato per questa campagna risponde il tesoriere del partito: “Finora no, personalmente spero che arrivino. Ma ne dubito. Gli unici che hanno superato questo importo sono i consiglieri regionali per i quali faremo la dichiarazione entro marzo”.

Anche in questo caso resta l’approccio dell’affidarsi alla provvidenza, ma vista la laicità di molti appartenenti al partito direi con meno santi in paradiso.

Fratelli d’Italia non ha un budget preventivo, almeno non pubblico. A livello locale saranno i singoli politici candidati ad autosostenere le proprie spese. Che facciano anche un fundraising personale? Sarebbe un sistema che si avvicina a quello americano dove, oltre a sostenere il partito, il fundraising viene utilizzato anche dai singoli politici. Verrà inoltre richiesto un contributo di 50.000 € ai capilista nelle regioni.

Ad oggi sono stati raccolti circa 1 milione di euro con i soldi anticipati (quindi non si tratta di una donazione ma di un prestito) dai fondatori e dalle sottoscrizioni. Il tesoriere Gamba afferma che: “Si va avanti alla giornata fino alle elezioni. Poi dopo il 25 febbraio si vedrà a quanto corrisponderanno i rimborsi elettorali in relazione al numero di voti ottenuti e ai parlamentari eletti”.

Rivoluzione civile potrà contare su un budget di circa 2.200.000 €. Questo tesoretto si compone di quote versate dai partiti fondatori. L’Italia dei Valori versa 1 milione di euro, Rifondazione comunista circa 600.000 €, i Comunisti italiani 500.000 € e i Verdi 100.000 €.

Interessante la volontà di rendere tutto pubblico utilizzando la rete. Il partito esclude la presenza di grandi finanziatori privati: “Non ho visto al tavolo nessun imprenditore, nessun soggetto terzo. E neanche li abbiamo cercati. Noi guardiamo alle associazioni della società civile, che speriamo ci facciano da cassa di risonanza per le iniziative a livello territoriale e che non vivono certo di grandi sostegni economici”.

Forse va ricordato che da un punto di vista del fundraising tali soggetti sono competitors, ma chissà forse riusciranno a fare operazioni Win-win oppure a consorziarsi per fare fundraising.

L’Unione di Centro ha messo a bilancio 3,2 milioni di euro, apparentemente tutti derivanti dal finanziamento pubblico. Scelta Civica, la lista di Mario Monti, pubblicherà il budget solo il 26 febbraio (a giochi ed elezioni concluse: pagherà questa scarsa attenzione alla trasparenza?). Futuro e Libertà per l’Italia punta a una campagna a costo zero, che usi molto i social networks (forse bisognerebbe chiarire che anche sul web a costo zero è molto difficile fare cose significative).

Mi domando se ancora esiste qualcuno a credere si possa fare qualcosa di nazionale a costo zero: a fare le nozze con i fichi secchi non sempre ci si riesce, a meno che non si possa contare su una forte comunità che ti sostenga.

Infine il MoVimento 5 Stelle che basa tutta la propria campagna sulle piattaforme dei social networks e sulla raccolta fondi. Va detto che pratica il canale del Web 2.0 da molti anni e possiede una base molto fedele di lettori e attivisti. L’obiettivo della raccolta è di 1 milione di euro e ad oggi sono stati raccolti circa 450.000 € donati da 9.000 donatori con una media di 45 € a donatore.

Spiega Davide Barillari, candidato alla presidenza della Regione Lazio: “Chi non ha un lavoro dà 10 euro, chi ce l’ha arriva a 200, da noi funziona così e penso sia lo stesso nelle altre regioni. Certo, abbiamo dovuto rinunciare ai manifesti. Ci affidiamo a Internet e al passaparola”.

In Val d’Aosta, per esempio, hanno pensato a una lotteria. “Non accettiamo finanziamenti pubblici o altre prebende – si leggeva qualche giorno fa sul sito locale – ma utilizziamo le donazioni fatte durante le serate e ai banchetti”. Così, gli attivisti hanno messo in palio un iPad, un volo di un’ora per tre persone sulla regione, un robot da cucina e due lettori multimediali. Prezzo del biglietto: 5 euro.

Ad oggi non esiste un budget preventivo sulle spese. Ma appare comunque essere una sorta di fundraising di comunità (allargata). Peraltro è l’unico movimento ad aver ufficialmente rinunciato al finanziamento pubblico. I delatori del movimento affermano che sia un problema il fatto che nessuno conosca il nome dei donatori (in questo caso va fatto presente che esiste la legislazione sulla privacy e che le donazioni in contanti non sono tracciabili); che non si sappia dove e sul conto di chi vadano quei soldi; che non si conosca chi può accedervi. Insomma: che a sapere quel che in una forza politica c’è da sapere siano in pochi.

Ma a ben guardare non sembra che nella maggior parte degli altri partiti sia diverso. Probabilmente, poi, se i recenti scandali sui fondi pubblici (vedi Fiorito e compagnia bella) fossero successi in una Onlus ne avrebbero già causato la fine.

Cosa ne pensate voi? Peseranno la trasparenza e la rendicontazione nella prossima scelta elettorale? Seguiteci sempre su Twitter @fundraisingroma.