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Fundraising e welfare: raccogli uno, dai tre

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A proposito di fundraising e welfare, voglio parlarvi di due casi esemplari.

L’Opera di S. Francesco per i poveri, fondata nel 1959 dai Frati Cappuccini a Milano, offre ai poveri assistenza gratuita e accoglienza. Oltre a soddisfare i bisogni primari e reali di persone in grave difficoltà offre loro ascolto e protezione.

Ebbene, da quattro anni ha deciso di raccontarsi pubblicando il suo bilancio sociale.

Dal bilancio emerge che lo scorso anno l’OSF ha erogato gratuitamente oltre un milione di prestazioni sociali con 27 mila utenti complessivi e 13 mila nuove persone accolte. Sono stati distribuiti 827 mila pasti nella mensa di Corso Concordia ad un ritmo di 2.600 al giorno (un terzo in più rispetto al 2008, quando i pasti serviti erano 623.000, sintomo di un inasprimento della crisi economica negli ultimi anni).

Oltre a questi dati, però, c’è un altro fattore importante: OSF è un modello di welfare ottimale. E vi spiego perché.

Il bilancio evidenzia che un euro raccolto attraverso il fundraising produce molto di più di un euro pagato in tasse. E questo può essere affermato senza tema di smentita raffrontando il valore prodotto dai servizi di OSF parametrati con il costo reale degli stessi se fossero stati prodotti dal welfare state.

Infatti un euro in tasse produce un euro in servizi. Se invece io dono un euro ad OSF quell’euro produce servizi del valore di 2,85 euro. Questo senza contare l’ulteriore valore aggiunto dovuto all’approccio, alla cura, ai contenuti morali e sociali naturalmente prodotti da un’organizzazione non profit.

Potremmo tradurre questa valutazione in una proposta rivolta ad un donatore: se potessi scegliere tra 1 euro dato in tasse per produrre servizi di protezione sociale e 1 euro dato ad OSF quale sceglieresti? Evidentemente il secondo, visto che produce un valore maggiore.

Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca un altro modello virtuoso rappresentato dall’associazione Andrea Tudisco, che abbiamo seguito in un percorso di consulenza.

I servizi di ospitalità e assistenza offerti dall’Associazione a bambini gravemente malati e alle loro famiglie, mediante un investimento di “soli” 200.000 euro provenienti dalla raccolta fondi ha generato un risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale di 1,8 milioni €. L’Associazione ha, infatti, consentito alle aziende ospedaliere con cui collabora di erogare, nella maggior parte dei casi, le cure in day-hospital anziché attraverso lunghi e onerosi ricoveri ospedalieri, che in termini economici pesano circa 4 volte di più.

Infatti, il costo medio giornaliero dei pazienti in day-hospital è pari a 100 €, rispetto agli oltre 400 € di un normale intervento con ricovero in una struttura pubblica (Policlinico Umberto I). Tale differenza di costi (300 €/paziente), rapportata ai pazienti ospitati nel 2011, dà forma al suddetto risparmio e alla conseguente capacità dell’Associazione di creare valore (anche economico) per la collettività. Vedi qui per approfondire.

È proprio il caso di dire che la moltiplicazione dei pani e dei pesci ha insegnato ad entrambe qualcosa.

Ma è anche il caso di dire altre due cose:

  • Il fundraising trova un suo punto di forza soprattutto se un’organizzazione è in grado di produrre valore aggiunto rispetto ad altri sistemi. Per cui la sua funzione non è assolutamente quella di sostenere il vecchio welfare ma crearne uno nuovo.
  • Il fundraising potrà fidelizzare i propri donatori e farli crescere se risponderà in modo scientifico e appassionato alla crescente domanda di rendicontazione sociale di cui è portatore almeno 1/3 dei donatori.

Produzione di valore aggiunto e bilancio sociale chiaro: due condizioni affinchè il fundraising diventi un sistema per creare nuovo welfare.

Ps. Già ci seguite su Twitter @fundraisingroma? Fatelo, così non vi perderete i nostri aggiornamenti!