Oggi voglio consigliarvi di leggere il libro di Carlo Borgomeo che si intitola “L’equivoco del Sud – Sviluppo e coesione sociale” edito da Laterza nel 2013.
Il titolo del libro è già un programma: è necessario e anche urgente capovolgere l’ottica (l’equivoco) con la quale si sono affrontate fino ad oggi le politiche di sviluppo del Mezzogiorno (l’ “antica e noiosa questione meridionale” come la definisce Borgomeo stesso).
Capovolgere l’ottica vuol dire prendere atto che decenni di politiche basate sul divario del prodotto interno lordo tra Centro-Nord e Sud non hanno prodotto molto. Afferma Borgomeo che: “l’iniziativa è stata prevalentemente orientata ad assicurare risorse, a trasferire modelli, a spostare al Sud soggetti e processi di sviluppo in una logica strettamente quantitativa e con una sostanziale sottovalutazione dei soggetti, delle potenzialità, delle esperienze meridionali, considerate di fatto marginali”.
Inutile, quindi, insistere cercando di correggere e rilanciare l’azione sempre con la stessa premessa di tipo economico basata su un’offerta di risorse e non su un ascolto della domanda di cui la comunità locale è portatrice.
Borgomeo individua tre aree fondamentali per uscire dall’equivoco.
1Il primato nel breve termine di interventi strutturali che colmino non tanto il divario economico ma quello dei reali servizi, della reale tutela dei diritti fondamentali che oggi sono oggettivamente negati a più di 20 milioni di persone (scuole, servizi di base, trasporti e mobilità, ricerca scientifica, ecc.) e che minano alla base lo sviluppo del capitale umano, la qualità della vita degli individui, e il valore dei beni comuni nonché la coesione della comunità attorno ad essi.
2Porsi l’obiettivo di costruire e rafforzare il capitale sociale del Mezzogiorno come condizione senza la quale non si è in grado di generare uno sviluppo auto-propulsivo che si sostituisca a quello “eterodiretto”, guidato dallo Stato centrale e da una logica meramente economica. Per avere sviluppo economico e buon governo del Sud è necessario lo sviluppo sociale. E questo deve essere l’obiettivo primario.
3Riconoscere il ruolo trainante e indispensabile del terzo settore in questo processo: l’unico “pezzo” di società in grado di esprimere competenze, responsabilità, capacità e coesione sociale e quindi candidato ad essere leadership di questo processo di sviluppo.
La lettura di questo libro suscita alcune riflessioni sul piano specifico del fundraising e del ruolo del terzo settore o del non profit nel processo di ripensamento e (ri)costruzione del welfare nel Mezzogiorno. Ci vuole un programma forte di sviluppo della cittadinanza attiva senza il quale la prospettiva disegnata da Borgomeo rischia di non reggere.
E veniamo al fundraising.
Il ruolo del fundraising nello sviluppo sociale del Sud
Se la strategia deve essere quella di porre al centro lo sviluppo sociale auto-propulsivo, allora è necessario dare forza al fundraising.
Il fundraising, anche alla luce della crisi qualitativa ed economica del finanziamento pubblico, è la forma finanziaria essenziale per sostenere lo sviluppo sociale e la creazione di capitale e valore sociale. Certamente non da solo, ma insieme al mercato (che ha oggi bisogno di produrre valore sociale aggiunto) e allo Stato che, però, non ha più soldi e che quindi deve assumere il ruolo di investitore su processi che generino autonomamente risorse.
Se si voglioni quindi ribaltare la prospettiva e le politiche di sviluppo del Mezzogiorno puntando sulla crescita della cittadinanza attiva appare necessario finanziare politiche per il fundraising (al pari degli investimenti per lo sviluppo di impresa) che facciano aumentare la quantità delle risorse private e sociali disponibili in un’ottica di investimento sociale responsabile e non solo di economia di mercato.
Investire sul soggetto che può fare meglio fundraising, ossia il terzo settore, è una scelta fondamentale, a patto che questa raccolta di risorse sia legata non tanto al vecchio modo di progettare sulla base dell’offerta di denaro (paradosso del finanziamento pubblico e comunitario che Borgomeo critica con molta lucidità e attraverso fatti circostanziati), ma alla produzione di valore sociale aggiunto che risponda alla domanda della comunità locale.
Una bella sfida questa di Borgomeno, politica ma anche economica, non solo per lo Stato e gli enti filantropici, ma anche e soprattutto per il terzo settore.
Vi ho fatto venire voglia di leggere questo libro? Aggiungo “last but not least” che è un libro pieno di informazioni e dati alla cui lettura e interpretazione si è guidati con intelligenza, profonda conoscenza della “questione meridionale”, senso di responsabilità, impegno e realismo e, soprattutto, amore per il sud.
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