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Una “Montagna” di soldi per nuove cause sociali

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Vorrei allontanarmi, seppure momentaneamente, dall’arena propria della raccolta fondi, i soldi, per fare qualche riflessione sulle cosiddette buone cause, ossia la ragione per la quale si danno soldi.

Per impegni professionali mi sto occupando di raccolta fondi per un’organizzazione che si occupa del tema della montagna. Sì, avete capito bene: per la montagna. Ma “quale cosa della montagna?” – vi domanderete – le frane, le catastrofi, le colonie in montagna per i bambini poveri, gli sport invernali per disabili, le associazioni di alpinisti……? Può darsi, ma l’oggetto del fundraising dovrebbe essere la montagna in quanto tale. Impossibile, si direbbe. E in effetti la prima domanda che mi sono posto come consulente è: “ma la montagna è una causa sociale?”, o meglio, “a quali condizioni la montagna può essere una causa sociale?”. Bella sfida…

Come ormai capita spesso, Internet viene in soccorso. Già sfiduciato in partenza, digito sul motore di ricerca “montagna mission fundraising”. Come per magia mi capita il sito di Aiuto Svizzero alla Montagna, organizzazione sociale comunitaria presente in tutta la Svizzera da tanti anni, che opera per migliorare la considerazione nei confronti della popolazione di montagna, accordando contributi finanziari affinché essa possa valorizzare lo spazio in cui vive per sé e i suoi ospiti.

Da buon italiano immagino subito che sia un’istituzione pubblica magari, di tipo cantonale, simile ad ipotetici “Provveditorato Pubblico della Montagna” o “Associazione delle Comunità Montane”. Vengo immediatamente smentito perché è una associazione sociale nata già nel 1943 come risposta sistemica allo spopolamento delle montagne, ossia puntando a garantire il benessere alle popolazioni che la abitano, rendendola un valore per tutto il paese. E la prima cosa che l’associazione mi comunica è che vive solo di fondi privati, di donazioni da parte della popolazione.

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“Un soutien efficace – financé par des dons. Pour accomplir son exigeante tâche, l’Aide Suisse aux Montagnards ne bénéficie d’aucune subvention publique. Elle est financée exclusivement par des dons. Leur utilisation se doit donc d’être optimale. C’est pourquoi l’Aide Suisse aux Montagnards s’appuie sur le conseil avisé d’experts bénévoles qui examinent chaque projet sur place”.

Trasecolo. Tanto più che scopro che quest’associazione ogni anno raccoglie qualcosa come 28,5 milioni di euro.

Con queste poche informazioni trovo risposta certa alla domanda: la montagna è una causa sociale.

Ah! Dimenticavo un dettaglio importante. In Italia più del 50 % dei comuni e del territorio nazionale sono di montagna. La montagna è sì una risorsa ad esempio per il turismo (ma solo parte di essa), ma è anche e soprattutto una delle origini di molti dei nostri rischi: i disastri ambientali spesso sono legati ad uno scarso presidio della montagna. La montagna è un motore essenziale di tutte le politiche ambientali e di gran parte delle risorse chiave. Eppure oggi ci vive solo il 18% della popolazione spersa in comuni per lo più piccoli e piccolissimi, con capacità di investimento e spesa prossimi allo zero. Insomma: meriterebbe un’attenzione maggiore sia in quanto risorsa, sia in quanto problema.

Ciò mi porta a pensare che l’evoluzione del fundraising non sta solo nelle tecniche e negli aspetti economici e di marketing, ma anche e soprattutto nella capacità di tradurre in cause sociali le aspettative e i bisogni di una comunità, che altrimenti non troverebbero risposta. E quindi che il fundraising, oggi più che mai, per occuparsi dei soldi deve prima ancora occuparsi della capacità di definire in modo innovativo le cause sociali che emergono dai bisogni ed elaborare le risposte giuste.

Forse l’oggetto della raccolta fondi non è più la buona (e vecchia) causa, vista come formalizzazione di un bisogno dell’organizzazione ma, al contrario, di un bisogno della comunità e del suo patrimonio civico, che oggi chiamiamo beni comuni.

Questo vorrebbe dire che non ci sono più problemi nel pensare se e come i servizi sanitari, ad esempio, o i trasporti, i mezzi di comunicazione, la creazione di nuovo lavoro, i servizi comunali, gli istituti scolastici, possano fare fundraising. La sfida è pensare come trasformare questi beni comuni in cause sociali sulle quali orientare risorse sociali. Risorse, come dimostra il caso svizzero, essenziali e non accessorie rispetto a quelle dello Stato. Risorse efficaci perché producono, meglio delle risorse pubbliche, benessere, ricchezza e qualità per tutti.

C’è di che meditare sul vecchio modo di pensare ciò che può o non può essere oggetto del fundraising.