In Italia lo spazio della politica è occupato oggi da chi “scende in capo”, da chi “sale in politica” e da chi “sta in politica” con grandi promesse di cambiamento, di cui alcune sconfinano nella magia.
Al grido da stadio “ora o mai più”, “crediamoci”, “cambiamo tutto” si candidano a dirigere il nostro paese persone senza più credibilità. La fiducia degli elettori è crollata.
In maniera più sommessa, i politici ci suggeriscono dai manifesti “tu hai la precedenza” e “sfida il futuro senza paura”.
In questo deserto di parole vuote, continuano ad operare giorno per giorno le organizzazioni non profit per assicurare benessere e coesione sociale attraverso servizi alla persona.
In particolare è meritoria l’opera di quelle organizzazioni attive su più fronti (enti locali, aziende, fondazioni, singoli cittadini) per reperire fondi e donazioni volti ad alimentare le loro buone cause anche in assenza di un chiaro quadro di riferimento nel sociale.
La crisi di fondi pubblici per i servizi alla persona ha solo amplificato la disattenzione della politica per il sociale.
Nessun piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali fa da cornice al percorso delle organizzazioni non profit e dà indicazioni sulle priorità sociali e sui fondi da spendere settore per settore. Prendere impegni e fare scelte nel sociale sembra inutile.
Facendo uno sforzo in tale direzione, ecco alcune cose che il terzo settore deve chiedere per quel che riguarda i servizi sociali in Italia.
4 interventi per il sostegno del nonprofit
1Un piano sociale nazionale in cui i diritti inalienabili dei cittadini siano tutelati; le risorse economiche per quanto scarse siano tendenzialmente certe; i servizi ai cittadini siano interventi professionali e non denaro elargito a pioggia; in cui siano salvaguardati i servizi a minori, disabili e anziani e la forbice fra bisogni e risposte non si allarghi ancora di più; sia prevista la programmazione di nuovi servizi per i bisogni emergenti.
2Una nuova visione della “sussidiarietà orizzontale”, quella fra ente pubblico locale e terzo settore, in cui la progettazione, la direzione e la gestione dei servizi nascano con il sostegno di idee, risorse economiche e personali di una Comunità Solidale in cammino, data dalla somma di cittadini, imprese e fondazioni, oltre alle risorse pubbliche dello stato sociale. Né sussidiarietà totale con il terzo settore a dispiegare politiche sociali quale solitario protagonista, né solo servizi della pubblica amministrazione. La richiesta è una nuova politica al fianco delle tante organizzazioni non profit per diffondere eccellenze progettuali, le buone prassi del lavoro di rete, risposte adeguate alle vulnerabilità, sottolineando la partecipazione e la centralità del cittadino sensibile. La programmazione strategica va condivisa fra tutti gli attori della società e deve indicare priorità, sostenibilità e modalità di intervento.
3Una formazione di professionisti in divenire nel sociale per affrontare il mercato del lavoro a partire dalla richiesta di figure professionali sia nuove sia storiche. La domanda per la figura professionale del fundraiser è molto alta a fronte di un’offerta insufficiente.
4Un progetto di comunicazione istituzionale e di sensibilizzazione alle donazioni come sostegno sociale alle buone cause, aumentando le detrazioni fiscali per creare valore aggiunto con i servizi, a compensazione delle perdite di entrate fiscali per lo Stato nel breve periodo.
In caso contrario rimangono “in campo” solo clientele, interventi sporadici e disorganici, figure professionali superate e non spendibili per creare nuovo lavoro e, soprattutto, resta disarmonia nel tessuto sociale e prevalgono intolleranza e degrado.
Cosa ne pensate? Il dibattito è anche sul nostro profilo Twitter @fundraisingroma
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