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Politica, fundraising e partecipazione civica

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La nostra carissima amica Rossella Lauro che è tra i promotori del comitato La Procida che vorrei, ha invitato Massimo Coen Cagli e me a partecipare ad un incontro con la popolazione dell’isola sul tema del fundraising e della partecipazione civica: “Persone, idee e risorse per le politiche sociali”. Il tutto in vista anche della prossima competizione elettorale per le amministrative comunali.

A parte il piacere di ritornare in un’isola bellissima e affascinante, è stata per noi l’occasione per ripercorrere in chiave attuale due storie che caratterizzano il nostro impegno, insieme agli altri nostri colleghi, di fondatori della Scuola di Roma Fund-Raising.it.

La prima, quella del “sesto potere”, ossia dell’impegno civico e sociale dei cittadini per creare reali condizioni di partecipazione alla vita democratica del Paese ed esercitare il loro diritto ad un ruolo attivo per incidere nel governo della società.

La seconda storia, più evidente, è quella dell’impegno professionale per fare della raccolta fondi uno strumento per ricreare nuove condizioni di sostenibilità del welfare e delle cause sociali.

Apparentemente distanti i due temi si fondono oggi in modo straordinario e contribuiscono a rinnovare il loro significato sociale, anche e soprattutto nel quadro più ampio del dibattito circa il fundraising della politica.

Potremmo sintetizzare questa fusione con l’espressione:

“Nessuna donazione senza partecipazione attiva dei cittadini; nessun cambiamento sociale senza una politica del fundraising”.

Quello che era stato chiesto a Massimo Coen Cagli era di parlare delle modalità possibili per sostenere l’impegno civile e sociale del Comitato.

Si è finito per parlare e discutere animatamente più che delle tecniche di raccolta fondi, delle condizioni necessarie affinché un processo partecipativo possa essere una reale forza per il cambiamento di un’isola che, nonostante le sue straordinarie risorse, versa in condizioni economiche e sociali precarie proprio a causa di un vecchio modo di governare e gestire il rapporto tra amministrazione e cittadini.

Tanti i problemi sul tappeto: poche opportunità di sviluppo economico e del lavoro, servizi socio-assistenziali minimali e non rispondenti alle necessità della comunità, nessuno spazio per i giovani e la loro intraprendenza, deperimento dei servizi essenziali quali trasporti, scuola, assistenza agli anziani. E una bella prospettiva per uscirne fuori: ricostruire i servizi e il welfare attraverso una gestione diretta da parte della comunità, ovviamente insieme alle pubbliche amministrazioni. Tale prospettiva è stata coraggiosamente assunta quale punto centrale del programma politico del candidato sindaco Dino Ambrosino, presente all’incontro.

Quali condizioni quindi per un fundraising che permetta di avere nuove e differenti risorse per ricostruire il welfare di comunità?

La prima è quella di conferire ai processi partecipativi una loro profonda autonomia rispetto alla competizione elettorale. Questo vuol dire dare al fundraising per la politica uno statuto nuovo, molto diverso da quello della copertura dei costi elettorali e del sostegno alla lista e collegato direttamente con la causa sociale, che certamente può coincidere in parte con il programma elettorale. Insomma i soldi per l’impegno sociale e politico si possono dare, ma solo se legati ad un progetto condiviso e chiaro e non alla mera prospettiva di vincere le elezioni.

La seconda è quella di pattuire, insieme ai cittadini attivi, i progetti sui quali vanno destinate le risorse da raccogliere e di stabilire e verificare qual’è il valore aggiunto che tali risorse hanno prodotto per la comunità. Altrimenti il fundraising, quando è legato al welfare, rischia di apparire una sovrattassa per sostenere quello che già sosteniamo attraverso il pagamento delle tasse. In qualche modo si possono raccogliere fondi per il welfare e anche per un programma politico amministrativo ma a patto che il potere e il controllo sui soldi resti alla cittadinanza attiva. E chiaramente che vi sia un sistema di rendicontazione trasparente e puntuale.

In terzo luogo è necessario che il fundraising sia parte integrante del programma di impegno civile e politico, secondo il principio che non basta proclamare una mission (nel nostro caso un welfare migliore per Procida in grado di rispondere alle differenti esigenze sociali, culturali ed economiche) ma bisogna anche dire come lo si fa e con quali risorse. Insomma il fundraising come programma di politica economica e non come mero autofinanziamento di un Comitato.

Sono convinta che questo tipo di approccio potrà dire molto circa il rapporto tra fundraising e politica, tema sul quale mi sembra i partiti e le altre formazioni politiche abbiano una scarsissima capacità di innovazione e di produzione di idee strategiche.

Sono anche convinta che l’esperienza di Procida rappresenti un laboratorio e una sperimentazione molto importante per tutti.

Grazie, dunque, agli amici procidani per la loro calda e squisita ospitalità e soprattutto per l’opportunità che ci hanno dato di riprendere contatto con le origini del nostro impegno per il fundraising.