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Post con Tag ‘5×1000’

Le insostenibili leggerezze del fundraising scolastico

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Caro Presidente Renzi, ho apprezzato l’idea del 5 per mille per la scuola, ma c’è molto di più da fare. E Le spiego il perché.

Ho appreso ieri che è nata una piattaforma per sostenere le scuole che si chiama www.iosostengolascuola.it, con un bel cuore al posto della O (che fa tanto solidale e generoso…).

In pratica è il seguito, su base web, dell’iniziativa già avviata qualche anno fa dal Co.Ge. del Miur con alcune aziende della grande distribuzione (qui l’esempio con Conad)

Come funziona? Semplice.

Io acquisto il prodotto di un’azienda partner del progetto (Eataly, per esempio) attraverso la piattaforma. Accumulo dei punti che posso “donare” alla scuola di mio figlio affinché la scuola possa “redimere” (è il termine tecnico che si usa) il premio da un catalogo fatto di lavagne LIS, proiettori, ecc.).

Avete presenti i punti che si accumulano al supermercato e con il quale, dopo averne a sufficienza, vinci, che ne so… un servizio di piatti? È uguale. Solo che i premi li doni alla tua scuola.

Ora: che sia chiaro il giro che fanno i soldi. Li caccio io, vanno all’azienda che mi permette di usare i punti (che comunque avrei accumulato) a favore della scuola. Chi fa la bella figura? L’azienda e la piattaforma.

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I fundraiser chiamano. Il Governo risponde?

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Su iniziativa di Elena Zanella un gruppo di fundraiser italiani, tra i quali io, ha chiesto, con una lettera al sottosegretario Bobba, di aprire un tavolo di lavoro per dare vita anche in Italia ad una vera politica di fundraising.

L’idea è nata sulla scorta della constatazione che nella Riforma del Terzo Settore non è stato considerato per nulla il ruolo centrale della raccolta fondi, in senso professionale, per il terzo settore e per le altre organizzazioni che non hanno finalità di lucro per quanto di natura pubblica, e che questa omissione può avere effetti gravi non per la sostenibilità delle organizzazioni ma, piuttosto, per la sostenibilità del Welfare del nostro paese.

Peraltro, tra i circa 1.000 contributi ricevuti su come migliorare il cosiddetto Civil Act, il Governo ne ha ricevuto almeno uno dedicato proprio a questo tema, come frutto di un esteso lavoro di consultazione promosso dalla Scuola di Roma Fund-Raising.it che ha coinvolto circa 400 fundraiser e dirigenti di organizzazioni non profit e di servizi della pubblica amministrazione, che definiva misure e provvedimenti abbastanza facili da inserire nella Riforma.

Questa richiesta non è una questione di bottega e non riguarda interessi di una corporazione che peraltro non esiste, ma è interesse di tutti. Ed è per questo che gli altri paesi moderni stanno investendo da anni sul fundraising. Non l’Italia.

Questa nostra richiesta, che ora attende una risposta del sottosegretario Bobba, è di vitale importanza per almeno tre motivi.

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No profit No IVA (la riforma del terzo settore alla prova della concretezza)

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La Scuola di Roma Fund-Raising.it ha deciso di aderire alla campagna lanciata dal Corriere della Sera e da La7 (e rilanciata sulle reti sociali con l’etichetta #NoProfitNoIva) per chiedere un intervento urgente del Governo, affinché si trovi il modo di non far pagare l’IVA connessa con operazioni e attività che producono benefici sociali per la comunità senza prevedere alcuno scopo di lucro. In questo caso l’IVA si trasforma automaticamente in un odioso quanto incoerente e ingiustificato balzello.

Ricordiamo che il caso scatenante è stata la ricostruzione del polo scolastico di Cavezzo a seguito del terremoto dell’Emilia. Un’opera del valore di 3 milioni di euro interamente sostenuta da donazioni di cittadini e sulle quali lo Stato ha lucrato la bellezza di 300.000 euro.

Un odioso balzello, appunto!

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Low cost fundraising: esiste una strada?

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Non sempre le possibilità di investimento di un’organizzazione permettono di pensare (e realizzare) strategie che abbracciano tutti i mercati della raccolta fondi.

Esistono blocchi imposti dalle capacità economiche che vanno presi per forza in considerazione, ma questo non esclude assolutamente che si possa in ogni caso “mettere in atto un buon fundraising”.

Gli strumenti gratuiti già esistenti conditi da una buona creatività interna possono permettere all’organizzazione di avere successo e costruirsi una sostenibilità futura. Penso al Web con le sue numerose forme, al capitale sociale e al 5 per 1000.

Vediamoli con ordine.

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Cooperazione sociale e azioni di fundraising: “Eppur si muove”!

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Ho iniziato la ricognizione del mondo della cooperazione sociale in relazione al fundraising, conscio del significato profondo della storia scritta dalla cooperazione che ha anticipato i tempi, aperto nuove strade, costruito opportunità e creato benessere, e anche certo della forza del fund raising inteso quale strumento per la sostenibilità nel tempo di progetti ad alto valore sociale aggiunto.

Sono rimasto sorpreso: lentamente e inesorabilmente la cooperazione sociale sta riducendo la distanza con il mondo dell’associazionismo rispetto al fundraising.

Oggi nella cooperazione sociale si afferma sempre di più la cultura di una progettazione sociale, condivisa con la comunità di appartenenza, alimentata da risorse pubbliche e anche provenienti da altri mercati (individui, fondazioni, aziende) con attori sociali cooperanti e con partenariati sempre più diffusi per non perdere spinta, innovatività e sostenibilità degli interventi sociali.

Sembra ci sia ritardo solo

  • Nel convincere le organizzazioni di medie e grandi dimensioni, fra cui i consorzi di cooperative, a lanciarsi con convinzione nel fundraising perché è evidente che sono il segmento più capace di creare innovazione nel movimento cooperativo, per organizzazione aziendale e capacità di investimento.
  • Nel formare i propri dirigenti a fronte di un’offerta formativa sul fundraising sempre più adeguata e ritagliata sulle esigenze delle organizzazioni non profit.
  • Nella quantità di fatturato creato con il finanziamento di donazioni a qualunque titolo.
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