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Storytelling: quei racconti mai raccontati

Storytelling e fundraising

Spesso si sente dire che il contenuto è il re del marketing on line: “Content is the king”. È una regola che formatori e consulenti di organizzazioni non profit cercano di diffondere e che chi lavora nel campo della comunicazione in ambito non profit cerca di ricordare come un mantra.

Formule e ricette predefinite spesso sono solo banali slogan. Eppure in questo caso non è così.

Quando un’organizzazione non profit decide di comunicare con il proprio pubblico attraverso gli strumenti della comunicazione on line, i contenuti di qualità fanno davvero la differenza. Su questo punto cerco sempre di insistere molto e ogni volta.

Il famoso storytelling, la narrazione di storie, capace di attirare interesse e simpatia e di creare conoscenza ed empatia è veramente un asso nella manica per quanti, quotidianamente, operano sul campo per realizzare una buona causa. La tecnologia attuale, inoltre, mette a disposizione strumenti tanto potenti quanto accessibili e semplici da utilizzare.

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Civil Act: occasione per rendere il fundraising un pilastro del welfare

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Il 20 maggio si è tenuto l’incontro promosso da Vita tra Matteo Renzi e le associazioni del Comitato Editoriale (di cui la nostra Scuola fa parte). È stato un incontro molto positivo e voglio ringraziare Riccardo Bonacina e lo staff di Vita per aver realizzato uno spazio abbastanza inedito di dialogo tra Governo e variegato mondo nonprofit.

C’ero anch’io ma non sono riuscito ad intervenire pubblicamente dati i tempi stretti dell’incontro. La cosa che sicuramente avrei detto è che il Civil Act, se preso seriamente non solo dal Governo ma anche dal nonprofit, non sarà certo la soluzione di tutti i problemi, ma sicuramente sarà una leva per mettere in moto un processo di cambiamento. Anche sul fundraising. Ho solo paura che i professionisti, i dirigenti delle organizzazioni non profit e gli altri soggetti pubblici e privati che si occupano di fundraising non lo abbiano capito appieno.

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L’importanza della mission nel sociale: 3 casi che parlano da soli

Mission, nonprofit e fundraising

La mission è uno dei cinque assi alla base del successo di un’organizzazione non profit alla ricerca di fondi per finanziare i propri progetti. È perciò vitale renderla chiara e rappresentarla al meglio a tutti i soggetti potenzialmente interessati a donare fondi.

Da un’indagine GfK Eurisko risulta che il 58% dei donatori regolari sostiene un’organizzazione non profit per la sua mission/causa. Lo stesso avviene anche nel caso del 77% di donatori saltuari.

Il coinvolgimento personale e la fiducia sono motivazioni meno decisive nella scelta del donatore rispetto all’identità sociale espressa nella mission.

Sono sempre più, perciò, gli attori sociali che hanno compreso l’importanza di una mission chiara dall’esterno e condivisa all’interno dell’organizzazione, per diventare protagonisti di sviluppo sociale con il sostegno dei donatori e nel ruolo di investitori sociali.

Lo slogan: “No mission? No money!” riassume l’incapacità, soprattutto per il non profit, di attrarre risorse economiche senza una mission, con il conseguente “No money? No mission!”.

Mi hanno favorevolmente impressionato alcuni episodi recenti rivelatori delle scelte di fondo di tre attori sociali importanti (due non profit e una banca cooperativa) nella “difesa” della propria mission. Mi hanno ricordato che ogni organizzazione non profit deve salvaguardare il suo patrimonio di valori e la propria identità al di là di scelte momentanee di convenienza.

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Social Media per il Fundraising: procediamo con ordine!

social-media-non-profit

Facebook, Twitter, Tumblr, Instagram, Pinterest, Flickr, LinkedIn, Google +, Vine, WordPress, Myspace, Foursquare… Queste poche piattaforme bastano solo a scalfire la punta dell’iceberg delle possibilità offerte dal mondo dei social media. Cerchiamo però di stare attenti e non disperderci troppo!

Ogni social network ha la sua destinazione d’uso: condivisione di contenuti testuali, immagini, geolocalizzazione, microblogging, videosharing e così via.

La cosa importante, a questo punto, diventa quella di saperne scegliere due o tre in grado di veicolare al meglio la nostra causa sociale, evitando in questo modo di cadere nel tipico errore di aprire una ventina di profili e di gestirne realmente solo tre.

Il rischio di aprire un profilo su un social network è reale se non lo si fa con le dovute cautele: pensiamo ad un utente che ci scrive su Twitter al quale non rispondiamo mai perché l’ultima volta che ci siamo collegati al servizio di microblogging eravamo connessi con il modem 56k! Cosa può pensare di noi?

Sicuramente niente di positivo! Abbiamo perso così un contatto e chissà quanti altri, dal momento che sui social network è facile condividere il proprio disappunto con altre persone connesse al nostro medesimo account.

Il mio consiglio è quindi di scegliere con criterio e con coscienza le nostre possibilità. Facciamo qualche esempio.

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Mobile fundraising: occasioni e prospettive

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“Il mondo in una mano”, cita lo slogan di un colosso tecnologico riferendosi al sempre più grande mercato degli smartphone.

La domanda però è: quale mondo? Il nonprofit? In Italia?

Rispetto ai nostri colleghi europei siamo decisamente indietro, sia per possibilità che per inventiva e questo è davvero un peccato! Basti pensare che il 53% degli italiani ha uno smartphone e, che questi siano di un tipo o di un altro, il concetto è sempre lo stesso: connettività sempre e a portata di mano.

Se ci pensiamo bene è vero: è l’oggetto che usiamo di più durante il giorno, ci leggiamo le notizie, ci guardiamo il meteo, lo sport e un’infinità di altre cose! Perché, allora, la Ong per la quale dono non deve far parte di questo universo?

Siamo sempre in cerca di forme di comunicazione innovative; vogliamo infatti arrivare al cuore dei donatori ed estendere la nostra rete di contatti. Non possiamo permetterci di tralasciare l’enorme fetta di possibilità che ci propone il mondo della telefonia mobile.

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