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Post con Tag ‘dialogatori’

Ciao, ti e’ arrivato il mio messaggio?

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“Ciao, ti è arrivato il mio messaggio?”

Nell’ultimo mese ho sentito rivolgere questa domanda per tre volte. Due volte mi è stata posta personalmente; la terza volta l’ho sentita fare a un passante prima di essere “abbordato” a mia volta. Dopo quest’ultimo episodio e il modo in cui sono stato trattato, non ho resistito e ho deciso di andare un po’ fuori tema rispetto al mio consueto, provare a riflettere e sentire il vostro parere.

Vi spiego. A farmi questa domanda sono stati giovani dialogatori di grandi organizzazioni non profit (una in realtà rappresentava l’ufficio italiano di un’agenzia delle Nazioni Unite). Dopo essere stato fermato due volte per strada credendo proprio che qualche mio conoscente mi stesse chiamando, la terza volta è capitato mentre aspettavo l’ascensore di un edificio pubblico per recarmi (di corsa, come spesso mi capita) a una riunione di lavoro.

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L’importanza della mission nel sociale: 3 casi che parlano da soli

Mission, nonprofit e fundraising

La mission è uno dei cinque assi alla base del successo di un’organizzazione non profit alla ricerca di fondi per finanziare i propri progetti. È perciò vitale renderla chiara e rappresentarla al meglio a tutti i soggetti potenzialmente interessati a donare fondi.

Da un’indagine GfK Eurisko risulta che il 58% dei donatori regolari sostiene un’organizzazione non profit per la sua mission/causa. Lo stesso avviene anche nel caso del 77% di donatori saltuari.

Il coinvolgimento personale e la fiducia sono motivazioni meno decisive nella scelta del donatore rispetto all’identità sociale espressa nella mission.

Sono sempre più, perciò, gli attori sociali che hanno compreso l’importanza di una mission chiara dall’esterno e condivisa all’interno dell’organizzazione, per diventare protagonisti di sviluppo sociale con il sostegno dei donatori e nel ruolo di investitori sociali.

Lo slogan: “No mission? No money!” riassume l’incapacità, soprattutto per il non profit, di attrarre risorse economiche senza una mission, con il conseguente “No money? No mission!”.

Mi hanno favorevolmente impressionato alcuni episodi recenti rivelatori delle scelte di fondo di tre attori sociali importanti (due non profit e una banca cooperativa) nella “difesa” della propria mission. Mi hanno ricordato che ogni organizzazione non profit deve salvaguardare il suo patrimonio di valori e la propria identità al di là di scelte momentanee di convenienza.

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Il fundraising tra adrenalina, endorfine e buon senso

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È di qualche giorno fa l’articolo del Guardian, ripreso da Vita.it, circa gli aspetti critici del metodo dei dialogatori.

Nell’articolo compaiono due informazioni importanti.

La prima è che quello dei dialogatori, a dispetto di quello che si dice, non è un metodo molto produttivo dal punto di vista del fundraising. I dialogatori, “acchiappano” un donatore (il termine l’ho usato di proposito visto che la sceneggiatura che noi vediamo ai banchetti è proprio quella di una rete per acchiappare pesci) ma le loro reti e gli ami che usano (per continuare la metafora) sono deboli e i donatori dopo poco, scappano!

La valutazione di questa forma di fundraising andrebbe fatta anche in questi termini. È chiaro che probabilmente per una singola organizzazione che cerca di acquisire nuovi donatori quello che conta è il dato relativo ai donatori “acchiappati”. Se però adottiamo l’ottica dell’intero non profit e quindi dell’intero mercato dei donatori dovremmo domandarci se questa pratica – per come è stata attuata – non contribuisca in parte a far calare il numero dei donatori.

Peraltro ormai appare chiaro che non è del tutto vero che i donatori acquisiti con queste tecniche siano i più fedeli, visto che è stato calcolato che durano in media un anno. Come mai due anni fa dicevano invece che sono donatori tra i più fedeli?

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