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Post con Tag ‘giovani’

Fundraiser o consulente di fundraising?

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È terminata da poco la Masterclass organizzata dalla Scuola di Roma Fund-Raising.it e dedicata alla delicata funzione della consulenza in fundraising.

Il corso che ho avuto modo di tenere con nove persone fantastiche, oltre ad aver avuto un ottimo risultato didattico (a detta dei partecipanti) ci ha permesso di dare uno sguardo meno “ingessato” e più “sincero” alla grande sfida professionale e sociale che i consulenti di fundraising devono affrontare. Questo è stato possibile grazie anche e soprattutto ad una serie di momenti di incontro con dirigenti di organizzazioni non profit che si sono resi disponibili a condividere le opinioni e le aspettative che ciascuno ha rispetto all’altro.

Dalla tre giorni, intensissima ma molto interessante, sono emersi alcuni punti che potremmo chiamare falsi miti e pietre di inciampo che spesso il consulente di fundraising si trova di fronte e che deve evitare se vuole fare di questa professione un qualcosa che faccia la differenza nella sua vita e soprattutto in quella dei propri “assistiti”.

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Cambio vita: divento consulente in fundraising

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Era una notte buia e tempestosa… No, non sto tentando di scrivere un romanzo.

Voglio parlarvi di me, della mia esperienza personale.

A chi non è capitato un periodo in cui si vorrebbe rivoluzionare ogni angolo della propria vita, buttare all’aria e ricostruire tutto. A me è successo. E succede spesso. Ma si sa: sono dei gemelli…

Nel 2006 il mio lavoro principale era quello di traduttrice per una famosa organizzazione sanitaria internazionale. Traducendo i loro progetti, così precisi in ogni singolo dettaglio e azione, ho capito che volevo dare una struttura all’esperienza fatta nel volontariato. Insomma volevo dare una sferzata al mio lavoro. A quarant’anni.

Così mi sono iscritta ad un Master in Project Management per le Ong e le Onp. Il master prevedeva uno stage alla fine. Ora capite bene che, a quarant’anni, non potevo permettermi di fare uno stage in cui fare fotocopie e che soprattutto non potenziasse le mie capacità professionali. Per cui cominciai a selezionare attentamente le possibili opzioni.

Una sera una mia amica mi parlò molto bene di un certo Coen Cagli, uno dei nostri professori del Master, esattamente professore di fundraising strategico. Coen Cagli? Ah sì, quello altissimo: la sua lezione era stata una tra le più interessanti. La più interessante.

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Diventare consulente di fundraising

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Per fare il consulente di fundraising non è sufficiente sapere di fundraising!

L’attività di consulente di fundraising in un’organizzazione non profit somiglia molto al lavoro artigianale di un buon sarto che cuce un vestito su misura. Si può confezionare un buon abito solo tenendo in debito conto le caratteristiche fisiche della persona e l’unicità di chi commissiona il lavoro.

Così in una consulenza di fundraising si deve prestare la massima attenzione alla storia e alle aspettative dell’organizzazione, per modulare una strategia adeguata ed efficace.

A volte bisogna ridefinire subito il bisogno reale dell’organizzazione perché l’obiettivo della consulenza è fare acquisire un metodo per realizzare una strategia di fundraising per la sostenibilità economica dei progetti.

Si deve comunque evitare il paradosso di “bloccare un’organizzazione”. Al contrario bisogna operare per sbloccarla, facilitando i processi di innovazione partendo dalle sue esperienze storiche e di successo.

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Fundraising e scuola: si puo’ fare!

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E dirò di più: già si fa!

Probabilmente poco e in modo improvvisato. Ma già si fa fundraising nelle scuole!

Docenti, genitori e alunni danno vita ogni giorno a piccole e grandi raccolte fondi. E spesso tali azioni sono accompagnate da altrettante azioni di “governo sociale” dei beni comuni, assumendosi responsabilità che vanno ben oltre sia il mandato istituzionale che il ruolo di genitori.

In questa storia sommersa del fundraising italiano c’è anche tanta innovazione sociale e vi voglio portare alcuni esempi.

Inizio con l’Istituto Cadorna di Milano, uno di quegli istituti che da anni pratica il principio della “Scuola Aperta” e che ha portato dentro le sue strutture e i suoi organi di governo i genitori e la comunità affinché la scuola tornasse ad essere un “bene comune”. Oggi nel plesso dell’Istituto Cadorna è addirittura possibile organizzare mercati ortofrutticoli a km 0 e costo controllato insieme a Coldiretti o usare la palestra a costi bassissimi e molto altro ancora. Da anni L’Associazione dei genitori dell’Istituto organizza una marcia podistica che termina con una grande festa di fine anno della Scuola: occasione per raccogliere fondi con mercatini, iniziative, ecc. Tutto il ricavato va a finanziare i progetti scolastici sostenuti dall’Associazione genitori.

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Fundraising e Scuola: 4 compiti da fare prima di riaprire

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Un mese fa circa ho tenuto a Venezia la seconda edizione del corso di formazione “Come migliorare la raccolta di fondi da famiglie e privati: tecniche ed esperienze per coinvolgere e appassionare la comunità scolastica”, organizzato da ItaliaScuola.it.

40 dirigenti scolastici partecipanti, con un grado di interazione altissimo condito da una fame di informazioni, spunti, esempi e consigli su come fare, che neanche nei corsi rivolti al non profit abbiamo riscontrato a questi livelli. Questo anche grazie agli interventi di Valerio De Feo (direttore di ItaliaScuola.it), Corrado Faletti (consulente del gruppo Spaggiari) e Laura Paolucci (Avvocato della Stato).

Porto da questo corso una buona notizia ai milioni di famiglie che hanno figli a scuola: il problema non è che la Scuola non fa fundraising. Al contrario ne fa tanto. Il vero problema è che lo fa senza avere un approccio strategico e senza dotarsi di un programma e di una funzione dedicata. Insomma, non è la voglia di farlo che manca ma le conoscenze per renderlo professionale, da un lato, e la volontà politica e direttiva di investirci in modo sistematico, dall’altro.

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