Il Festival del Fundraising 2013 è stato, come ormai d’abitudine (e queste sì che sono abitudini sane!), un appuntamento tanto importante quanto utile. Per molti motivi. Ognuno di noi ne ha tratto un “profitto” e una soddisfazione personale in relazione alle proprie aspettative e ai propri bisogni di maggiore conoscenza del fundraising, di relazioni con i colleghi e i “maestri”, di confronto di esperienze e di buone e cattive pratiche, ecc.
A qualche giorno di distanza e dopo aver riassorbito l’impatto del rientro nel quotidiano (il festival è anche e sicuramente un momento “festivo”: lo dice anche l’etimologia della parola!) voglio raccontarvi cosa mi porto a casa da questo Festival.
1 – Project management
Cresce e si conferma in questo festival l’attenzione alla sfida (non siamo della Scuola se non usiamo almeno una volta questo termine!) della concretezza e dell’operativizzazione della raccolta fondi. Il numero di partecipanti al workshop di Niccolò Contucci (al quale ho avuto modo di partecipare e che colgo l’occasione per ringraziare) dimostra secondo me questa attenzione! Numeri da guest star dovuti in primis alla grande competenza e passione di Contucci ma anche alla consapevolezza che oggi siamo chiamati a tradurre in modo più efficace e in risultati concreti e duraturi quello che sappiamo fare. È un passaggio in cui vedo un segno di cambiamento, crescita e maturità.
2 – Conoscenza
Tre ricerche sono state promosse in questo festival: quella sui fundraisers, quella sull’andamento delle donazioni e quella lanciata da noi della Scuola su come cambiano le motivazioni delle persone a donare. A segnare il passo verso un settore professionale più forte è stata la significativa adesione dei fundraiser ad impegnarsi a conoscere più a fondo la realtà per operare meglio. La nostra proposta di fare una ricerca partecipata e militante intervistando i nostri donatori ha registrato quasi 50 adesioni di fundraisers di organizzazioni e consulenti. Credo che il prossimo anno ne vedremo delle belle!
3 – Ma quanti siamo?
Durante il “quizzone” di giovedì mi ha colpito il fatto che su LinkedIn le persone che inseriscono il fundraising come loro impegno professionale sono più di 6.000! A questo punto credo sia lecito il pensare che potremmo essere 20.000 se allarghiamo i confini della definizione di fundraiser. Quello che secondo me questi dati evidenziano è che sicuramente rappresentiamo una professione degna di nota ma anche e soprattutto che siamo una grande risorsa per il paese: 20.000 professionisti che possono dire e fare qualcosa di importante per la sostenibilità del welfare. Non è uno scherzo. Sicuramente rende tutta la categoria più consapevole della responsabilità storica che ricade sulla disciplina del fundraising. Mi raccomando il 7 giugno a Roma si parlerà anche di questo nel nostro convegno/pensatoio su fundraising e welfare, non potete mancare!
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