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Alternanza scuola-lavoro e fundraising: opportunita’ da afferrare per le scuole

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Con il Liceo Ginnasio Statale “Francesco Vivona” di Roma, lo scorso marzo è partito un progetto di formazione e assistenza sul fundraising rivolto ai ragazzi del terzo anno. Il progetto rientra nel percorso alternanza scuola-lavoro, secondo quanto previsto dalla legge 107 del 2015.

L’idea nasce da un’intuizione della Dirigente Scolastica che, per questo primo anno in cui il liceo sperimenta l’alternanza scuola-lavoro, ha deciso di inserire il fundraising tra le tematiche “lavorative”.

L’alternanza scuola-lavoro, oltre alle conoscenze di base, punta a fornire ai giovani quelle competenze necessarie ad inserirsi nel mercato del lavoro. Alla base c’è l’idea di alternare ore di studio ad ore di formazione in aula e ore trascorse all’interno di contesti aziendali.

Oltre ad appurare che il progetto da noi proposto fosse in linea con quanto tali princìpi impongono, la Preside ha basato la sua scelta su due elementi:

1La possibilità di offrire agli studenti del liceo, tra i diversi progetti attivati per il percorso dell’alternanza scuola-lavoro, un tema nuovo come il fundraising, ormai evidentemente sempre più ricorrente anche in ambito scolastico;

2La possibilità di usufruire del fundraising subito, utilizzando cioè un progetto già in corso presso il liceo, cioè quello di far diventare la biblioteca scolastica un Bibliopoint, in virtù di un precedente accordo con le Biblioteche di Roma.

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Il lavoro a percentuale avvelena il fundraising (speciale Campagna 0%)

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ASSIF, l’Associazione Italiana Fundraiser, sulla scorta delle tante segnalazioni circolate in rete circa ennesime offerte di lavoro a percentuale rivolte ai fundraisers e coerentemente con il proprio codice etico che ha detto già parole chiave su tale argomento, ha lanciato una campagna per combattere la pratica di retribuire il lavoro dei fundraisers attraverso una percentuale sulle entrate (donazioni, sponsorizzazioni e quant’altro).

Non è solo un dovere aderire a questa campagna e diffonderla, ma è anche un piacere.

Perché questa equivoca e antipaticissima pratica mette a nudo alcuni aspetti estremamente critici delle organizzazioni non profit e dei loro dirigenti. Rappresenta quindi l’occasione per andare fino in fondo a tali problemi che rappresentano oggi uno degli ostacoli maggiori al reale sviluppo del fundraising e quindi anche delle stesse organizzazioni.

Il manifesto lanciato da ASSIF – frutto della collaborazione di molti suoi soci – mette in evidenza 4 aspetti che sono essenziali per dire NO all’uso della retribuzione a percentuale:

1Un fundraiser sa che l’efficacia dell’attività non dipende unicamente dal proprio operato, bensì da una pluralità di fattori.

2Un fundraiser sa che questa forma di retribuzione può indurre a scelte e comportamenti più mirati al guadagno personale piuttosto che all’interesse dell’ente per cui opera e alla volontà del donatore.

3Un fundraiser sa che il suo operato è frutto di relazioni, reciproca fiducia, consenso e adesione con il donatore. Tali valori devono essere mantenuti e rispettati.

4Un fundraiser sa che il reale valore della prestazione fornita tiene conto anche dei risultati intangibili che la sua attività genera con passione, etica e competenze.

La Scuola di Roma Fund-Raising.it nel raccogliere e rilanciare la campagna vuole mettere in evidenza altri aspetti che qui e là sono emersi dalla sua esperienza di formazione e consulenza e che sono i seguenti.

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Fatti mandare dalla mamma a fare fund raising…

Fundraising: che lavoro è?

Non so voi ma mia mamma non sa quale sia il mio lavoro e ogni volta che provo a spiegarglielo la vedo trasecolare.
Me la immagino, mentre parla di me con le sue amiche, alla domanda “Ma tua figlia che lavoro fa?”, creare dei diversivi per distogliere l’attenzione, come la famosa barzelletta del carabiniere.

Ma mia mamma non è la sola. Quando conosco qualcuno e mi chiede che lavoro faccio, le reazioni sono tra le più disparate. Alcuni pensano sia una malattia e il loro viso assume un’espressione del tipo: “Tranquilla si guarisce… la scienza ha fatto enormi passi avanti”; altri, spaventati, pensano che, solo perché ti occupi di raccolta fondi, prima o poi chiederai soldi anche a loro (e non sono molto lontani dalla verità); altri, i migliori, ti rispondono immediatamente: “Eh ho tanto bisogno io di fondi!”. Infine ci sono quelli che fanno gli inseriti, che hanno capito e poi scopri che in realtà non hanno capito nulla.

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Fund raiser: le qualita’ per un nuovo professionista

È vero: l’efficacia e l’efficienza di un’organizzazione non profit nella raccolta fondi sono variabili dirette di alcuni elementi: capitale sociale numeroso e con ottime possibilità economiche, interessato e fidelizzato alla buona causa; organizzazione con caratteristiche aziendali; saperi condivisi nella Onp; una mission distintiva, fattibile e motivante. Quanto “pesa”, però, un eccellente fund raiser e quali le caratteristiche che lo rendono unico?

Per un’organizzazione non profit fare di un proprio associato il proprio fund raiser è una delle maggiori rendite di posizione nell’attività di fund raising, a condizione di scegliere una persona adeguata, motivata e con un forte senso di appartenenza. Altrimenti cercare aiuto fuori dal perimetro associativo può essere una soluzione più valida.

Il fund raiser ideale deve tendere ad avere queste alte caratteristiche: capacità, conoscenza e amore/passione.
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