Una collega ha segnalato su Facebook quest’articolo a cura di uno dei due network radiotelevisivo statale australiano. L’articolo punta il dito contro chi grazie ai “like” su Facebook sotto ai post delle Ong, delle emergenze e delle diverse campagne, si sente liberato da un peso morale. Invita quindi a schierarsi non più solo on line, ma off line ed in prima persona con maggiore forza.
Fin qui si può essere d’accordo, sappiamo tutti infatti che per una buona percentuale questo è reale, ognuno di noi ha la bacheca intasata da diversi stimoli sociali, anche da persone che fino al giorno prima non sapevano nemmeno cosa fosse un PVS o un’emergenza sanitaria. La campagna Kony 2012 ne è un fulgido esempio.
Va un sacco di moda farsi crescere i baffi a novembre contro il cancro alla prostata, ma di certo non lo curerà, ovvio, inutile quindi rendersi ridicoli.
C’è solo una cosa che mi sfugge. Chi scrive l’articolo e chi concorda con lui, sta valutando con intelligenza l’impatto comunicativo e promozionale di tutto ciò? L’invasione del Web, i baffi ovunque, i nastri rosa addosso alle persone ed i social media infiammati?
Io credo che la comunicazione di massa resa possibile e gratuita dal Web e dalla campagne prese a cuore dalle persone sia davvero impagabile. Non bisogna evidentemente essere ingenui e pensare di avere in mano la situazione perché il nostro post è invaso di “Mi piace” e condivisioni, manca un anello fondamentale: il follow-up.
Il rischio del Web è sempre lo stesso, ormai lo conosciamo: poca segmentazione, bassissima redemption e genericità dei messaggi, ma una persona che spende un secondo per condividere qualcosa di nostro, per me diventa un suspect di tutto rispetto, che merita un’operazione di email marketing o similare.
Voi cosa ne pensate? Sappiamo dare un follow-up al nostro Web?
PS: Teniamo sempre a mente che alcune grandi Ong fanno del web-attivismo un fortissimo punto di promozione e comunicazione…..Perché partecipare è comunque importante!