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Crowdfunding per la Grecia: 3 esperti a confronto

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L’iniziativa è quella di un 29enne londinese, Thome Feeney che ha lanciato sulla piattaforma Indiegogo una campagna di crowdfunding per raccogliere il miliardo e 600 milioni di euro di debito che Atene ha con il Fondo monetario Internazionale. “Basterebbe che ogni cittadino europeo donasse 3 euro”, ha detto Feeney.

In meno di 48 ore la piattaforma ha raccolto 474.513 euro e il risultato finale è stato di 1.930.577 euro raccolti attraverso 108,654 donatori in soli 8 giorni.

Thome Feeney ha promesso una cartolina di Alexis Tsipras per chi dona 3 euro, un’insalata di olive e di feta per chi ne versa 6, mentre se si arriva a 10 si garantisce una bottiglia di ouzo, il liquore greco all’anice.

Su questo episodio abbiamo chiesto il parere di tre esperti: Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-Raising.it, Maurizio Imparato, crowdfunding training expert 
titolare di Master Mind srl, società di consulenza su crowdfunding e tecniche di vendita e Chiara Spinelli di Registro.it, pioniera del crowdfunding in Italia e evangelist della rete.

Condividi l’idea di aver lanciato questa campagna? E in particolare quando è stata lanciata hai contribuito a diffonderla (anche aderendo) oppure ti sei limitato ad osservarla? Perché?

IMPARATO – “Questa campagna mi ha colpito subito per la straordinaria semplicità del messaggio, per la tempestività del lancio e per la simbolicità dell’azione. È un chiaro esempio di come il crowdfunding possa essere potente, se maneggiato con cura. Ho contribuito subito alla campagna perché ho creduto necessario dare un segnale. Un segnale di attenzione e di partecipazione ad un tema caldo. Ho anche fatto azione di diffusione protetta, l’obiettivo era irrealizzabile e quindi si poteva contribuire in sicurezza poiché tutti i soldi sarebbero stati rimborsati al termine degli 8 giorni”.

SPINELLI – “No, no, no! Non la condivido, non ho aderito, non l’ho rilanciata. L’ho trovata un’operazione virale senza costrutto, addirittura potenzialmente pericolosa per l’idea stessa di crowdfunding. Mi spiego. Non facciamo altro che parlare di campagne reward based che devono essere chiare nella presentazione ed emotivamente coinvolgenti, trasparenti nella richiesta economica, cristalline nella credibilità del soggetto proponente, coerenti e bilanciate nelle reward.

Cosa abbiamo qui? Un ragazzo inglese che lancia una campagna con una cifra insensata e irraggiungibile (e oltretutto una goccia nel mare del debito greco, perché ne rappresenta una sola rata, quindi anche inefficace). A domanda: – Come farai a dare questi soldi alla Grecia? – la risposta è – non ne ho idea, mi darà una mano Indiegogo a prendere contatti con loro!

Le ricompense sono insensate (chi mai avrebbe consegnato migliaia di bottiglie di ouzo?).

Eppure le persone hanno aderito. Come? Di pancia. Senza pensare alla forma, senza guardare alla credibilità. 3 euro o meno sono spendibili come un like, come una firma. Ma sono pur sempre un gran volume di soldi dilapidati a caso. Mi sono ritrovata a chiedere a un amico che ha aderito: – Ma tu sai chi è questo ragazzo? E se fosse uno che lo sta facendo per scappare con la cassa? E se fosse la Merkel dietro un prestanome che vuole dimostrarvi quanto siete pecoroni? E se fosse, che ne so, l’Isis?. Era un’ovvia provocazione, fatta per svelare quanto di fumoso ci fosse dietro alla campagna. La cosa che mi fa rabbia è pensare che invece, lavorando su un donation based puro e con chiarezza di intenti, magari si poteva raccogliere davvero una cifra interessante da destinare a emergenze sociali in Grecia. Questa campagna invece è stata niente più che una fiammata, di quelle che il giorno dopo non lasciano tracce nella coscienza civile delle persone. Proprio perché palesemente inconcludente”.

COEN CAGLI – “No, non ho aderito e ho da subito pensato che fosse una mera azione retorica senza speranza. Quindi non ho contribuito a diffondere la campagna, ma certamente ad osservarla per capire come funzionano certi meccanismi, per quanto ambigui, e per capire cosa ne pensasse la gente. Credo che l’occasione per lanciare una campagna ci fosse tutta, ma l’idea di cosa fare è sinceramente inguardabile”.

1.930.577 euro raccolti attraverso 108.654 donatori in 8 giorni sono comunque un bel risultato. Anche se inutile. Cosa ha influito nel raggiungimento di questo risultato?

IMPARATO – “Come detto precedentemente, l’obiettivo irraggiungibile ha reso inutile la qualificazione del proponente. Non era necessario sapere in quali mani sarebbero finiti i soldi”.

SPINELLI – “La rabbia delle gente nei confronti dei tedeschi, la voglia di andare dietro al trend topic del giorno. Più un sentimento sano su cui forse si potrebbe lavorare (ma con altre capacità), l’attimo di consapevolezza del: – Caspita, in effetti se mettiamo tutti 3 euro diamo una scossa. È un sentimento su cui bisogna lavorare, l’unico risultato possibile (e comunque residuale) di un’operazione con poca sostanza”.

COEN CAGLI – “L’indignazione della gente per il modo con il quale si stava trattando la questione greca e il fatto che non ci fossero offerte semplici e intelligenti di mobilitazione ha fatto attraccare a questo molo la barca delle persone in cerca di un sistema per manifestare il proprio dissenso”.

Cosa può lasciare di positivo o di negativo questa esperienza per il crowdfunding in generale?

IMPARATO – “La grande capacità di generare enormi risposte economiche muovendo relativamente piccole quantità di persone. Poco meno di 110.000 persone hanno contribuito a raccogliere due milioni di euro. La rete genera contatti e connessioni su multipli molto più elevati. La relazione è molto più importante del contenuto”.

SPINELLI – “In questo momento penso a quanti amministratori pubblici italiani disperati per la mancanza di fondi si fregheranno le mani pensando: – Possiamo chiederli alle persone! E penso a quanta fatica dovremmo fare per fargli capire che no, non si fa così e no, non è così facile.

Poi io credo fortemente che le campagne che dicono davvero qualcosa sono quelle che vanno a buon fine. Chi ricorda più la campagna di Indiegogo per lo smartphone Ubuntu? Nessuno. Se fosse andata a buon fine ne parleremmo ancora”.

COEN CAGLI – “Penso che vi siano condizioni di mobilitazione naturale e spontanea che possono essere cavalcate utilmente anche ai fini della raccolta fondi. Tatticamente è una cosa da considerare. Ma a patto di avere un progetto politico o sociale valido e che sia chiaro che cosa fare con i soldi. Non è stato il caso di questa campagna che anzi ha il suo punto debole proprio in questo.

Altra cosa: il reward è relativo al tipo di progetto. In questo caso la campagna avrebbe raccolto benissimo con il sistema donation based (tanto più che a me un’insalata greca che arriva non so come e non so da dove interessa veramente poco e anzi mi preoccupa!). Di negativo lascia l’idea che il crowdfunding sia un grande gioco, bello ma sostanzialmente inutile. Il che non è vero, chiaramente, ma questa rappresentazione rischia di entrare nell’immaginario collettivo”.

Qualcuno si è spinto a dire che il crowdfunding può candidarsi ad essere uno strumento per contrastare meccanismi perversi dell’attuale mondo della finanza e dell’economia politica internazionale. Pensi sia possibile? E in che modo?

IMPARATO – “Il crowdfunding restituisce alla moneta il suo posto, è un mezzo di scambio tra persone teso a facilitare lo sviluppo. Oggi la moneta è diventata il fine e non il mezzo. Basta vedere come è stata utilizzata per neutralizzare il voto popolare in Grecia”.

SPINELLI – “No, non penso. Riuscire ad agglomerare una community mondiale su temi macroeconomici come questi la trovo un’impresa difficile, a meno che non ci si rivolga solo alla pancia. Ma se fosse davvero un’operazione sensata dovrebbe saper parlare alla testa. E allora saremmo alla rivoluzione, senza bisogno del crowdfunding. Cosa che non mi pare all’orizzonte”.

COEN CAGLI – “No non credo che il crowdfunding possa avere questo ruolo. Non inciderà sui sistemi macroeconomici se non indirettamente. Credo invece in un suo ruolo forte nelle dinamiche microeconomiche che, tuttavia, non sono meno importanti perché incidono maggiormente sulle cause sociali e il relativo impatto sulla comunità. Penso sia uno strumento (non l’unico, certo) potente di economica civile e sociale che, accanto all’economia politica e quella del mercato può migliorare nel complesso la sostenibilità economica della società moderna. La maggior parte delle persone pensa che questo strumento sia la panacea per tutti i mali. Non è così e noi lo spieghiamo chiaramente all’interno del nostro corso di crowdfunding, dove diamo a questo utile strumento il giusto ruolo all’interno del fundraising”.

Di fatto la campagna ha fallito ma ha creato un bacino di potenziali donatori. Secondo te, allo stato attuale, ci si può fare qualcosa di utile oppure no? E cosa ci faresti?

IMPARATO – “Nello specifico il creatore della campagna ha fatto un accordo con una fondazione greca ed ha rilanciato la campagna. Ora la modalità di incasso è flessibile, ovvero tutto quello che viene inviato sulla piattaforma sarà trasferito al proponente. Fossi stato io a lanciare la campagna avrei affidato questo bacino di potenziali sottoscrittori direttamente ad un’organizzazione greca ed avrei fatto gestire da loro la nuova campagna. Il risultato della nuova campagna, ad oggi, è di 200.000 euro da parte di quasi 10.000 persone”.

SPINELLI – “Secondo me non l’ha creato e questo è uno dei suoi tanti difetti. Una community si gestisce e si consolida. Il nostro amico inglese ha surfato sull’onda del Web, non ha gettato una rete. La seconda campagna lanciata sta avendo esiti infinitamente più bassi, e non è un caso. Meno rumore, meno resa”.

COEN CAGLI – “Non credo che ci si faccia qualcosa di serio. La fondazione greca (di cui non sappiamo un bel niente) che beneficerà dei soldi della seconda campagna non ci costruirà nulla per il futuro. Perché mentre è chiara la protesta non è chiara la proposta. E il crowdfunding (come tutto il fundraising) ha bisogno di progetti, proposte e persone. Non ha bisogno di proteste (queste vanno bene per le petizioni). Per me bisognerebbe scrivere a tutti i donatori e dirgli: – Abbiamo dato un segnale forte che l’opinione pubblica non è d’accordo con il modo utilizzato per trattare la questione greca. Adesso continuate a mobilitarvi con progetti seri: questa era solo una manifestazione di protesta. Grazie”.

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