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Formazione al fund raising: le parole sono importanti

Formazione fundraising

Mercoledì scorso a fine giornata lavorativa ho digitato su Google “corsi fundraising” (chiamatelo pure, se volete, benchmarking…) e sono stata travolta da una quantità rilevante di offerte formative le più diverse per programmi, obiettivi formativi, durata e prezzi.

Mentre mi addentravo nei meandri dei risultati delle mie ricerche ho avuto una sorta di sdoppiamento di me stessa (un po’ come succede al protagonista di un libro splendido che sto leggendo e che consiglio a tutti, “L’uomo duplicato” di Josè Saramago, che si accorge, guardando un film, di avere un sosia). Mi sono ritrovata nei panni di un responsabile del personale di un’associazione, che vuole mandare qualcuno dei suoi a imparare “la nobile arte di insegnare alle persone la gioia di donare”, o di un presidente di una cooperativa, che deve capire dove trovare i fondi che il Comune non gli garantisce più, o in quelli di un giovane laureato, che intende diventare un professionista del fundraising.

Beh, devo ammettere, che in un certo senso è un inferno!

Ognuno degli enti che propongono formazione al fund raising (e qui, ovviamente, includo anche la nostra Scuola di Roma Fund-Raising.it) sgomita per farsi notare con i più diversi richiami. “La prima scuola di Italia”, “(…) i migliori corsi di fund raising), “Diventa fundraiser in 5 giorni e quattro mosse), “Se  vuoi entrare nel rutilante mondo del fundraising partecipa al nostro workshop, corso, seminario, master”.

Workshop, corso, scuola, seminario. Si può chiamare “Scuola” un corso o un insieme di corsi messi insieme? Cosa fa di un “Ente che eroga formazione” una “Scuola”?

Cos’è una “Scuola” di fundraising?

Già le diverse denominazioni confondono le idee. Eh sì! Perché la parola “Master” è stata un po’ abusata negli ultimi anni e a questo punto c’è da chiedersi qual’è la sottile differenza fra un workshop e un corso. E non è detto che tutti i corsi siano tali. Alcuni a ben vedere sono conferenze con un costo per la partecipazione. Poi non mancano i master. E tolti alcuni, a ben vedere, gli altri non hanno caratteristiche tali da essere chiamati “Master”.

Per lo più, poi, le offerte formative non sono sempre corredate in modo esaustivo di informazioni sui temi trattati, i docenti che insegnano e, soprattutto, sulla metodologia didattica utilizzata.

Progetto didattico: un elemento importante

Come se la formazione si riassumesse in un docente che insegna. Punto. Ci vuole un progetto didattico. Non sempre questo viene dichiarato. Il massimo che si ottiene è la solita dichiarazione che il corso è fortemente pratico, corredato di esempi e casi.. Ci mancherebbe altro!


Alcuni attestano, altri certificano. Alcuni addirittura dicono che rilasciano un titolo a termini di Legge quale “professionista del fund raising”.

Questa formazione è parcellizzata e non abbiamo un progetto comune. Se la sfida è l’empowerment del non profit, siamo soddisfatti di quello che facciamo per vincere questa sfida?

Se da un lato noi ci danniamo l’anima per far capire che la formazione non è un costo ma un investimento, quanti elementi forniamo per permettere al nostro interlocutore  per selezionare l’offerta e quindi (a posteriori) valutare l’investimento?

L’esigenza di una politica comune sulla formazione

Pur nel rispetto del libero mercato, in cui ognuno è libero di offrire il servizio che ritiene utile, si sente il bisogno di una politica comune sulla formazione che in qualche modo preveda una convenzione tra i differenti attori su criteri e caratteristiche dell’offerta rispetto ai bisogni e alla domanda. È in un contesto (mercato) condiviso che ognuno può più facilmente e più utilmente per tutti sviluppare la propria vocazione e i propri talenti. Una convenzione in cui chi fruisce dei servizi è un attore (o stakeholder) e non un semplice cliente.

Quali a vostro parere sono i criteri e le caratteristiche sulle quali docenti, accademici, scuole, titolari di progetti formativi finanziati da enti pubblici, progettisti della formazione  ed anche e soprattutto responsabili di organizzazioni non profit dovrebbero convenire?

Mi piacerebbe raccogliere un po’ di spunti e pareri.

Alla prossima!