Categoria: Sul fund raising

Bilancio di missione: un’opportunita’. Il caso dell’Associazione Kim Onlus

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L’occasione di riflettere sul tema della rendicontazione sociale delle organizzazioni non profit mi è stato offerta dalla presentazione del bilancio di missione 2015 dell’Associazione Kim presso la Protomoteca del Campidoglio, a Roma, il 22 novembre 2016.

L’Associazione Kim, guidata da Paolo Cespa, da 19 anni si è assunta l’impegno di tutelare l’infanzia più disagiata e malata proveniente da luoghi in cui il benessere fisico ed economico non è garantito. Alla presenza dell’Assessora alla Persona, Scuola e Comunità solidale del Comune di Roma Laura Baldassarre, moderatrice dell’incontro, e insieme a Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della nostra Scuola, sono stato invitato a presentare il bilancio di missione.

In generale il bilancio di missione:

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Raccolte pubbliche di fondi: tutto quello che devi sapere

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Il periodo di Natale, sempre più vicino, è l’occasione per molte organizzazioni non profit per dare vita a campagne di raccolta fondi, una delle tecniche di fundraising più utilizzate.

Con questo articolo si vuole offrire un piccolo contributo, affrontando alcune problematiche che caratterizzano tali attività dal punto di vista normativo, sia in termini fiscali sia in termini di adempimenti contabili.

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Cosa insegna il terremoto sul fundraising? Che e’ necessaria un’Authority

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Come sempre quando c’è una catastrofe il nostro paese reagisce in modo straordinario per affrontare le emergenze, sotto tutti i punti di vista. Non altrettanto si può dire per la prevenzione che, più che slanci di cuore e solidarietà, richiede politiche, tempi lunghi e quindi un arido lavoro di ufficio. E questo in parte si riflette anche sulle raccolte di fondi che, come sempre in questi casi, si sono moltiplicate in poche ore in tutto il paese e ancora oggi sono al centro dell’attenzione di tutti.

Questo spirito solidaristico è estremamente positivo sia sul versante di chi organizza le raccolte fondi, sia su quello dei donatori, cosa che ci dovrebbe far riflettere sul reiterato rammarico che ci fa dire: “siamo un paese di insensibili e taccagni non donatori!”. Credo però che le esperienze di questi giorni debbano spingere la comunità dei fundraiser e delle organizzazioni a trarre qualche insegnamento per costruire, in futuro, sistemi sempre più moderni ed efficaci di raccolta fondi.

Ecco le mie modeste riflessioni in merito.

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Caro donatore ti scrivo, cosi’ ti informo un po’

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Caro donatore, probabilmente sei uno di quei 17 milioni di italiani che come me sottoscrivono il 5 per mille alle onlus, alla ricerca scientifica o ad altre organizzazioni.

Probabilmente lo fai da tanto tempo, almeno da 5 anni. Vuol dire che mediamente hai destinato in 5 anni circa 175 euro a progetti e attività di fondamentale importanza per il nostro welfare sociale: dalla sanità, alla assistenza, all’ambiente, alla cultura. Una cifra importante.

Ma forse non sai alcune cose importanti, che riguardano i soldi che hai donato.

Innanzitutto se tu – ad esempio – hai sottoscritto il 5 per 1000 nel 2011, i tuoi soldi – guadagnati nel 2010 – sono materialmente arrivati all’organizzazione beneficiaria alla fine del 2013 o forse nel 2014.

In secondo luogo lo Stato ha dato all’organizzazione solo una parte dei tuoi soldi, infatti spesso ha posto un tetto per cui ha versato materialmente non il 5 ma il 4 per mille delle imposte dovute per i tuoi redditi. Comprendi bene che se hai dato i soldi per assistere una persona indigente e questi soldi arrivano con 2 o 3 anni di ritardo, questa persona indigente potrebbe anche essere già morta di fame.

In terzo luogo l’organizzazione beneficiaria non sa che tu hai fatto una donazione e quindi non sei stato informato di cosa abbia fatto con i tuoi soldi. Non li hanno rubati, stai tranquillo! Solo che tu non hai elementi per decidere se il tuo sia stato un buon investimento o meno. Così come l’organizzazione – che ha sempre bisogno di trovare nuovi donatori – non riesce a stringere un rapporto con te, che donatore lo sei già stato. Questo vuol dire che i costi per trovare nuovi donatori sono più alti di quelli che dovremmo sostenere per mantenere un rapporto con te.

E poi c’è da dire che sono ancora tanti quelli che, pur essendo contribuenti, non destinano il 5 per mille a nessuno. Questo vuol dire che tornano allo Stato e di per sé non ci sarebbe nulla di male. Molti infatti non lo sanno proprio! Pensa che se tutti i 38 milioni di contribuenti aderissero, noi potremmo destinare al non profit e a servizi alla collettività qualcosa come 1 miliardo e 100 milioni di euro ogni anno. Accidenti quante cose potremmo farci! E non, come succede con le tasse, senza poter decidere come vengono utilizzati, ma scegliendo noi in base ai progetti che le organizzazioni ci presentano. Se il mondo non profit è tanto importante (lo dice anche Renzi!) allora io mi aspetterei che lo Stato facesse campagne di informazione e sensibilizzazione sulla televisione di stato (almeno su quella).

Ma quello che forse davvero non sai, è che per i partiti politici è tutta un’altra storia. Ed è migliore. Loro sanno subito quanti soldi riceveranno dal loro 2 per mille e soprattutto questi soldi li ricevono subito. Insomma: due pesi e due misure. Ma, in fondo, anche i partiti sono associazioni come le onlus. Perché a loro i soldi subito e al mondo non profit invece dopo 2 o 3 anni?

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Sushi, fundraising e responsabilita’

Giovanni Soldini posa con un mako per la campagna Fishlove (foto di Alan Gelati non riproducibile e di proprietà della campanga Fishlove)

Vaste porzioni di oceano sono piene di plastica. Esistono ancora paesi che autorizzano la caccia alle balene. Grandi navi solcano i mari remoti per prelevare interi banchi di pesce in modo scientifico, assottigliando così le risorse ittiche e minacciando la sopravvivenza di molte specie.

Non voglio però convincervi della bellezza e dell’importanza del mare. Non ne sarei capace, non ne avrei le competenze e magari non c’è neanche bisogno che ve lo dica io. Voglio semplicemente raccontarvi una campagna di sensibilizzazione molto originale, che può servire come spunto anche per le vostre organizzazioni (e non è necessario vi occupiate di ambiente marino).

Si chiama Fishlove, nasce nel Regno Unito e si propone di accrescere la consapevolezza della necessità di conservare gli oceani e tutelare la vita marina. Appena l’ho vista, mi ha colpito per la sua creatività e per l’efficacia con cui riesce a veicolare il messaggio. Del resto, se così non fosse, non starei qui a descriverla.

Obiettivo della campagna è allertare la società dei rischi della pesca intensiva, pratica distruttiva per l’ambiente. Come raggiungere l’obiettivo? Semplice: attirando l’attenzione. Il dilemma che tanti comunicatori, esperti di marketing, consulenti e guru devono affrontare tutte le mattine all’alzarsi dal letto è sempre lo stesso: come posso catturare l’attenzione del pubblico e aumentare la platea di chi conosce attività e valori dell’organizzazione che seguo? Come far sì che più persone intervengano per aiutarla?

Occorre far centro e farlo in modo chiaro e il più diretto possibile.

Cosa si sono inventati allora quelli di Fishlove?

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