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I rivoluzionari del mouse..

Ormai siamo perfettamente consapevoli che, se da un lato i social network ci permettono di comunicare e condividere a basso costo contenuti, dall’altro lato non evidenziano una concreta efficacia per la raccolta fondi.

Ma la cosa che proprio mi ha sorpreso è che, anche a livello di cambiamento sociale, network come Facebook, Twitter, solo per citare i più famosi, non contribuiscono molto. Lo sospettavo già da un po’ ma la certezza l’ho avuto seguendo la splendida sessione che Bill Toliver ha tenuto al Festival del Fund Raising lo scorso 13 maggio.

Vi porto un esempio che mi ha colpito profondamente.

Ve la ricordate Neda, la ragazza iraniana uccisa dalla polizia iraniana durante le proteste del 2009 seguite alle elezioni presidenziali?

Il video che testimoniava gli ultimi istanti della sua vita ha fatto il giro del mondo ed io come tanti altri su Facebook abbiamo aderito ai vari gruppi di sostegno o in sua memoria. Ebbene adesso vi presento i dati di questo gigantesco movimento di massa:

  • Amici o Fan su Facebook: miliardi nel giro di pochissime ore.
  • Donazione media per amico: € 0,0000.
  • Numero di volontari: nessuna opportunità di reclutamento.
  • Situazione in Iran: Nessun cambiamento/peggiorata.
  • Cosa è cambiato nella coscienza collettiva? Nulla.

Citando Malcom Gladwell del New Yorker Magazine emerge un fatto importante, che determina il successo dell’attivismo su Facebook: sostanzialmente Facebook non motiva le persone a fare un vero sacrificio ma le motiva a fare cose per cui non è richiesto un reale sacrificio.

Ovvero Facebook non chiede loro di mettersi realmente in gioco… E come canta Bono Vox, il mio cantante preferito, “Well tonight thank God it’s them instead of you“… Ovvero i social network on line non aiutano automaticamente a passare dall’indignazione all’azione.

Secondo Zigmunt Bauman, Internet è una rete non è una comunità. E dirò di più. Io credo che Internet sia una rete sociale ma non un movimento sociale, nell’accezione di gruppo di persone che si unisce per creare un cambiamento.

Ma cosa possiamo fare noi in quanto non profit? Ebbene non è sufficiente spingere le persone ad esprimere o condividere una opinione, ma bisogna spingerle ad impegnarsi.

E questo è possible solo se alterniamo la vita virtuale con momenti di aggregazione reale.

Infatti uno dei maggiori problemi della rete è che gli “avatar”, essendo protetti da schermi e non mettendosi completamente in gioco, non sentono la responsabilità e l’impegno nei confronti dell’altro da sè.

E le persone si impegnano non soltanto attraverso la spinta alla donazione ma sopratutto facendole “innamorare” e appassionare alla nostra causa. Dobbiamo ricordarci che noi siamo la voce di coloro che non hanno voce.