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No profit No IVA (la riforma del terzo settore alla prova della concretezza)

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La Scuola di Roma Fund-Raising.it ha deciso di aderire alla campagna lanciata dal Corriere della Sera e da La7 (e rilanciata sulle reti sociali con l’etichetta #NoProfitNoIva) per chiedere un intervento urgente del Governo, affinché si trovi il modo di non far pagare l’IVA connessa con operazioni e attività che producono benefici sociali per la comunità senza prevedere alcuno scopo di lucro. In questo caso l’IVA si trasforma automaticamente in un odioso quanto incoerente e ingiustificato balzello.

Ricordiamo che il caso scatenante è stata la ricostruzione del polo scolastico di Cavezzo a seguito del terremoto dell’Emilia. Un’opera del valore di 3 milioni di euro interamente sostenuta da donazioni di cittadini e sulle quali lo Stato ha lucrato la bellezza di 300.000 euro.

Un odioso balzello, appunto!

Può sembrare noioso, ma vale la pena fare due conti in tasca allo Stato che ci ha guadagnato almeno 3,5 milioni di euro:

  • 3 milioni di risparmio per non aver proceduto con proprie risorse alla ricostruzione;
  • circa 200.000 euro è il costo vivo stimato delle attività di comunicazione e sensibilizzazione (senza pagare il personale) funzionali a raccogliere fondi (il valore commerciale sarebbe infinitamente maggiore);
  • inestimabile (per me!) il valore del lavoro volontario che ci sarà stato dietro l’operazione;
  • 300.000 euro è il gettito fiscale dell’IVA pagata dai promotori (il Comitato Aiuto subito),

Sotto questo aspetto, con ironia e una punta di cinismo, verrebbe da dire che i terremoti e la solidarietà sono una grande occasione per lo Stato per ripianare il debito pubblico!

Passare dall’agevolazione all’investimento in non profit e fundraising

Questa ignominia ci porta però ad aggiungere un elemento di riflessione in più sull’itinerario di riforma del terzo settore avviato dal Governo e lanciato in modo altisonante. E cioè che:

  • nel decreto non si è neanche lontanamente tematizzato il fundraising e la sostenibilità del non profit;
  • la distanza esistente tra pronunciamenti e intenzioni e la concretezza dei fatti è enorme e largamente ignorata.

Accanto alla questione dell’IVA infatti ci sono altri temi che potrebbero essere affrontati in modo diretto (nel decreto o in altro modo) e che vengono costantemente rinviati, spesso con quel fare proprio della vecchia politica di “buttare la palla in corner” e non entrare nel merito. Tali questioni sono:

  • il 5 per mille, che è tutt’atro che definitivamente stabilizzato e sul quale pende sempre la “spada di Damocle” della copertura finanziaria;
  • uguali livelli di agevolazione fiscale per le donazioni rivolte a cause sociali che riguardano il bene collettivo (oggi chi dona per la politica o per i beni artistici “di Stato” è più agevolato di chi dona per la ricerca scientifica o per una biblioteca (ciò significa che è lo Stato e non la società civile a decidere cosa è buono e cosa non lo è);
  • rendere possibile l’accesso ai dati dei donatori del 5 per 1000 per informarli e fidelizzarli;
  • liberare da vincoli e divieti l’uso del mobile per il fundraising (che produrrebbe risparmi enormi e una maggiore efficacia per la raccolta fondi);
  • facilitare l’accesso a servizi al credito per investimenti in fundraising e molto altro ancora.

Ricordo a tutti che la Scuola di Roma Fund-Raising.it, rispondendo all’appello del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha fatto un lavoro di consultazione di più di 300 dirigenti del settore non profit e del fundraising, per raccogliere proposte concrete di miglioramento della raccolta fondi da inserire nel decreto tra le quali quella della revisione dell’IVA per il non profit. A questo punto penso proprio che tale contributo non sia stato neanche letto. Comunque lo trovate qui.

Qualcuno potrebbe dire che in questo momento non si può intervenire su questi aspetti a causa della crisi economica. Sono balle! In crisi economica si incentiva il lavoro delle aziende, il commercio estero, la nascita di nuovi posti di lavoro, si agevola finanche il gioco di azzardo! Si può quindi incentivare anche il non profit e il fundraising. È una questione di scelta politica e strategica e non di disponibilità economica.

Lo dico chiaramente: siamo stufi (noi del non profit) di essere trattati come oggetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Se il terzo settore è il primo (come dice Renzi) e se il fundraising è lo strumento principe dell’economia sociale, allora noi dobbiamo essere oggetto di azioni politiche di investimento e non di fiscalità e tributi.

Il vero problema, che è dietro la decisione di applicare l’IVA alle azioni volontarie e di beneficenza, è molto grande e riguarda l’assenza di una politica sul ruolo strategico del non profit e del fundraising per il futuro del welfare. La domanda da fare al Governo, perciò, non è “mi puoi agevolare?” ma è “vuoi investire su di me?”.

Caro Governo, se non lo vuoi fare, per favore, diccelo chiaramente e non fare proclami improbabili. Se lo vuoi fare, per favore, fai atti concreti. Magari pochi e realistici, ma falli sul serio.