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Categoria: Corporate fund raising

Sushi, fundraising e responsabilita’

Giovanni Soldini posa con un mako per la campagna Fishlove (foto di Alan Gelati non riproducibile e di proprietà della campanga Fishlove)

Vaste porzioni di oceano sono piene di plastica. Esistono ancora paesi che autorizzano la caccia alle balene. Grandi navi solcano i mari remoti per prelevare interi banchi di pesce in modo scientifico, assottigliando così le risorse ittiche e minacciando la sopravvivenza di molte specie.

Non voglio però convincervi della bellezza e dell’importanza del mare. Non ne sarei capace, non ne avrei le competenze e magari non c’è neanche bisogno che ve lo dica io. Voglio semplicemente raccontarvi una campagna di sensibilizzazione molto originale, che può servire come spunto anche per le vostre organizzazioni (e non è necessario vi occupiate di ambiente marino).

Si chiama Fishlove, nasce nel Regno Unito e si propone di accrescere la consapevolezza della necessità di conservare gli oceani e tutelare la vita marina. Appena l’ho vista, mi ha colpito per la sua creatività e per l’efficacia con cui riesce a veicolare il messaggio. Del resto, se così non fosse, non starei qui a descriverla.

Obiettivo della campagna è allertare la società dei rischi della pesca intensiva, pratica distruttiva per l’ambiente. Come raggiungere l’obiettivo? Semplice: attirando l’attenzione. Il dilemma che tanti comunicatori, esperti di marketing, consulenti e guru devono affrontare tutte le mattine all’alzarsi dal letto è sempre lo stesso: come posso catturare l’attenzione del pubblico e aumentare la platea di chi conosce attività e valori dell’organizzazione che seguo? Come far sì che più persone intervengano per aiutarla?

Occorre far centro e farlo in modo chiaro e il più diretto possibile.

Cosa si sono inventati allora quelli di Fishlove?

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Responsabilita’ sociale di impresa: Leroy Merlin, caso tutto italiano

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Ho intervistato Luca Pereno, Corporate Social Responsability manager – Coordinatore Sviluppo Sostenibile presso Leroy Merlin, il quale, oltre a raccontarci la CSR della sua azienda, dei progetti innovativi attraverso i quali la CSR di Leroy Merlin viene declinata, offre spunti interessanti per le organizzazioni nonprofit che volessero proporsi e sviluppare partnership e progetti.

In cosa si differenzia la CSR di Leroy Merlin nel contesto italiano?

“La volontà è quella di distinguersi da una CSR finalizzata al marketing, alla reputazione all’immagine dell’azienda. Il nostro sforzo è quello di andare oltre. Oltre al semplice rispetto della legge, oltre al fare comunicazione, ma soprattutto oltre a realizzare progetti. La volontà è infatti quella di lavorare sui processi.

Come abbiamo detto in occasione del nostro Green Day, andare oltre significa trasformare un progetto in processo. Un progetto ha un inizio e una fine, un processo ha un’evoluzione, una crescita, un consolidamento. Andare oltre significa porsi sempre nuovi obiettivi, cercare di innovare, alzare l’asticella in una sfida che si gioca in un mercato in continuo e rapido cambiamento. Ma la vera innovazione, in un’epoca di sharing economy, è scegliere di non gestire il cambiamento da soli ma insieme ai propri collaboratori, attraverso il confronto con gli stakeholders, grazie all’ascolto della comunità.

In sintesi penso quindi che siano due le parole che indicano le nostre azioni: oltre e condivisione.

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Fundraising a tutta birra

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A Berlino è nata la Birra di Quartiere: Quartiermeister, oltre che il marchio della birra, è il nome di un’impresa sociale che eroga profitti, tramite un’associazione, a progetti di promozione del territorio. Chiunque può presentare i propri progetti e, forse, vederli finanziati. Dalla prospettiva del cittadino-consumatore, la birra solidale offre un grande beneficio: rispetto agli altri prodotti, permette di tutelare la propria città e il territorio circostante. Genera occupazione e attiva l’economia locale, trattenendo risorse che, nel caso peggiore, potrebbero finire a una società quotata in un lontano paradiso fiscale.

L’idea non è nuova: la birra trappista è un prodotto di raccolta fondi per le comunità cistercensi ormai tradizionale, imprese sociali che distribuiscono parte dei ricavi esistono già e lo sarebbero banche e casse di risparmio italiane con le loro fondazioni. Non è nemmeno nuova l’idea del prodotto a km 0 che si va diffondendo nella nostra cultura. L’aspetto più interessante di Quartiermeister, tuttavia, è la combinazione di aspetti diversi: l’uso di un prodotto di consumo comune come strumento di raccolta fondi, la nascita “dal basso” del progetto da parte di liberi cittadini, il forte legame territoriale, la vocazione sociale. Ma ciò che più spicca è la natura imprenditoriale “pura”, associata all’ambizione di stare sul mercato senza sconti e senza violare le regole della concorrenza e imparando la lezione del marketing sociale.

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Corporate fundraising: sono finiti i budget? Si’ ma quali?

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Sono anni che ci diciamo che la crisi sta mettendo in ginocchio le aziende e che di conseguenza i budget per programmi di responsabilità sociale d’impresa sono stati tagliati o ridotti ai minimi termini.

Anche quel poco di ricerche che esistono in Italia sulle sponsorizzazioni confermano questa tendenza. Al riguardo vi segnalo la ricerca realizzata da StageUp.

Potremmo ragionare sulla responsabilità sociale d’impresa e fare molte considerazioni sul suo essere strategica. Credo però che ci saranno occasioni migliori per affrontare la questione. L’unica cosa che mi permetto di dire al riguardo è che le reali intenzioni non mi sembrano coincidano con quelle dichiarate, altrimenti in un momento di crisi le aziende avrebbero dovuto investire di più in programmi di RSI.

Non vorrei tuttavia apparire come colui che vuole portare acqua al suo mulino. Infatti la stessa cosa si potrebbe dire rispetto alla comunicazione e al marketing delle aziende. Inoltre credo sia naturale decidere di aspettare che “passi la buriana” (il rischio semmai è che, perseguendo tattiche troppo attendiste, si possa morire prima che la “buriana” sia effettivamente passata).

Cosa dobbiamo fare noi organizzazioni non profit? Dovremmo forse tagliare i nostri programmi di corporate fundraising?

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Le insostenibili leggerezze del fundraising scolastico

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Caro Presidente Renzi, ho apprezzato l’idea del 5 per mille per la scuola, ma c’è molto di più da fare. E Le spiego il perché.

Ho appreso ieri che è nata una piattaforma per sostenere le scuole che si chiama www.iosostengolascuola.it, con un bel cuore al posto della O (che fa tanto solidale e generoso…).

In pratica è il seguito, su base web, dell’iniziativa già avviata qualche anno fa dal Co.Ge. del Miur con alcune aziende della grande distribuzione (qui l’esempio con Conad)

Come funziona? Semplice.

Io acquisto il prodotto di un’azienda partner del progetto (Eataly, per esempio) attraverso la piattaforma. Accumulo dei punti che posso “donare” alla scuola di mio figlio affinché la scuola possa “redimere” (è il termine tecnico che si usa) il premio da un catalogo fatto di lavagne LIS, proiettori, ecc.).

Avete presenti i punti che si accumulano al supermercato e con il quale, dopo averne a sufficienza, vinci, che ne so… un servizio di piatti? È uguale. Solo che i premi li doni alla tua scuola.

Ora: che sia chiaro il giro che fanno i soldi. Li caccio io, vanno all’azienda che mi permette di usare i punti (che comunque avrei accumulato) a favore della scuola. Chi fa la bella figura? L’azienda e la piattaforma.

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