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Raccolta fondi nel 2011: importanza della ricerca

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Mercoledì 19 settembre ho partecipato alla presentazione della rilevazione semestrale sulla raccolta fondi 2011 e le proiezioni per il 2012.

La ricerca è stata patrocinata da ASSIF, che per chi non lo sapesse è l’Associazione Italiana dei Fundraiser, che ha come mission quella di: “Diffondere la cultura e la conoscenza del fundraising in Italia, rappresentando e favorendo la crescita dei professionisti del settore”. Per fare questo ha individuato alcune linee guida, tra cui quella di: “Promuovere la ricerca e lo scambio di esperienze divulgando standard qualitativi e buone prassi”. Questo proprio perché la ricerca può essere quel qualcosa che dà una marcia in più ad un buon fundraiser.

Ovviamente tutte le ricerche sono migliorabili, ma personalmente sono fermamente convinto che ogni ricerca ci dia alcuni elementi in più per valutare. Questo vale in particolare nella nostra professione dove inevitabilmente in alcuni casi non si può che andare avanti per prove ed errori, e questo vale ancora di più per le organizzazioni in fase di start up.

Uno dei grandi punti di debolezza del mercato del fundraising in Italia è proprio questo: l’assenza di ricerche! Quindi ben vengano tutte le ricerche che forniscono alcuni elementi di decisione in più.

Aggiungo che tutte le indagini, sono una serie di dati che devono rappresentare la materia prima e portare organizzazioni, comunità dei fundraisers e sociologhi a produrre interpretazioni.

Ad esempio: siamo portati a dare sempre la colpa alla crisi, ma in realtà potrebbero esserci anche altre letture.

Non poco tempo fà Bernardino Casadei, Segretario generale di ASSIFERO, commentava che, con sempre più organizzazioni non profit che si affacciano al fundraising (basti pensare al caso delle cooperative sociali che sempre più si rivolgono al fundraising), la raccolta fondi delle singole organizzazioni sarebbe potuta diminuire in quanto la maggiore  competizione costringe a  fare maggiori investimenti, che non necessariamente equivalgono ad un miglioramento delle prestazioni. Questa è solo una delle possibili letture.

Di certo si sente un grande bisogno di dare sistematicità alle ricerche sul fundraising in Italia. In tal senso molto dice il fatto che nelle varie ricerche in uscita in questi giorni molti dati sono in contrasto. Di un’attività come questa può e, a mio avviso deve essere, ASSIF a farsi carico.

Ecco alcune considerazioni che emergono dalla ricerca:

1L’incertezza del 5‰, che resta per molte ONP una risorsa fondamentale.

2Una mancata tariffazione postale ad hoc per il non profit (-12% mailing inviati).

3La volontà di investire in strumenti di comunicazione sociale e progetti strutturali nei confronti del profit. Questo è particolare se pensiamo che è il mercato maggiormente in contrazione, anche a detta dei presidenti delle organizzazioni non profit. Può essere una scelta giusta se si punto allo sviluppo nel medio lungo termine, molto sbagliata se si ha un bisogno di cassa immediato!

4L’abbondanza di eventi pubblici che rischia di portare ad una sovrapposizione tra le varie organizzazioni non profit sul territorio.

5La crescita dell’uso dei dialogatori, rappresentata dalla sempre maggiore volontà di investire nel face to face).

Ed ecco le conseguenze.

Per quel che riguarda i punti 1 e 2 si sente bisogno di una maggiore attività di lobbying e ASSIF può essere uno dei soggetti portavoce delle istanze del mondo non profit, se non altro perchè sul tema fundraising forse sarebbe più agevole trovare un punto di incontro tra le organizzazioni.

Il punto 3 richiama una maggiore professionalizzazione. In generale la figura del fundraiser tende a diventare sempre più complicata e appare fondamentale approfondire le tematiche e i propri know how. È sempre più, insomma, un mestiere dove non ci si può improvvisare.

Il punto 4 porta con sè un “supervisore” che controlli cosa accade sul territorio per evitare o gestire l’effetto di sovrapposizione. Le grandi organizzazioni, in realtà, seppur’informalmente si confrontano già oggi.

L’ultima considerazione riguarda il face to face e richiama nuovamente i concetti di professionalizzazione e regolamentazione, senza cui si rischia di produrre disaffezione o rigetto verso il fundraising, tema sempre più caldo.

E voi cosa ne pensate? Vi ricordo che potete seguirci sempre su Twitter @fundraisingroma.