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Content curation e fundraising: 3 errori ricorrenti

Content curation e fundraising

Le parole contano, i racconti servono, le storie colpiscono. Ogni esperto di comunicazione per le organizzazioni non profit ti dirà che “il contenuto è re”. Un contenuto ben studiato e diffuso produrrà risultati utili alla causa della tua organizzazione. Si tratti di un testo, di un’immagine o di un video, con tutte le varianti che queste tre forme di trasmettere un messaggio si portano appresso.

Se il contenuto è al centro della strategia di marketing, la qualità con cui questo è creato e presentato al pubblico diventa fattore di primo piano. La storia insegna che non tutti i re si sono fatti apprezzare e che non basta vedersi assegnare un titolo se poi non si riesce a comunicare efficacemente con la comunità.

Qui interviene il lavoro di content curation del copywriter, aspetto che spesso è trascurato o sul quale non si pone la necessaria importanza, nonostante si sia scelto di intraprendere la via del content marketing. Il problema è molto diffuso nella comunicazione on line. Se da un lato molte organizzazioni non profit stanno puntando sugli strumenti del Web 2.0, dall’altro la scrittura su tali strumenti viene, forse meccanicamente, considerata meno importante e ci si permettono licenze a regole linguistiche basilari che, se rispettate, contribuirebbero alla qualità e quindi all’efficacia del messaggio.

Da qui la decisione di dedicare quest’articolo all’importanza della scrittura nelle campagne di comunicazione e fundraising del non profit (del resto la Scuola di Roma Fund-Raising.it organizza anche un seminario dedicato al tema oltre a un workshop sull’uso dei social media nel non profit). Lo farò mostrandovi tre errori ricorrenti nella content curation per il non profit.

Errore 1: abusare degli aggettivi

Alla complessità del barocco ho sempre preferito la schiettezza del romanico. Ho sempre riposto più aspettative in chi parla chiaramente e senza fronzoli. Sono sempre stato convinto che i risultati si ottengono quando si riescono a mantenere semplicità, sobrietà e umiltà. Cosa che non significa essere superficiali ma arrivare al nocciolo della questione.

Credo quindi che un buon testo non debba contenere troppi aggettivi, contrariamente a quanto si legge in molti testi (on e off line) in ambito fundraising. Gli aggettivi vanno utilizzati solo quando servono a dare senso ad un’affermazione, altrimenti si corre il rischio di ottenere l’effetto contrario, distogliendo l’attenzione di chi legge o ascolta e appesantendo il contenuto.

Consiglio

Sperimenta testi semplici che valorizzino verbi e sostantivi e riducano il ricorso ad aggettivi. Guadagnerai spazio e tempo per dire altre cose e ti accorgerai che gli aggettivi diverranno più utili.

Errore 2: punti, accenti e maiuscole fanno la differenza

Su questo sono sempre severo con me stesso e con chi partecipa ai miei corsi. Il libro di grammatica su cui tanti sacrifici hai fatto negli anni della scuola non insegnava a inserire 5 punti interrogativi di seguito. Non autorizzava neanche a iniziare un periodo o a scrivere un nome proprio con la lettera minuscola o ad usare un accento al posto di un apostrofo. Può sembrare banale ma non lo è. La possibilità di utilizzare il linguaggio scritto è un tesoro che va adoperato con cura. Scrivere bene non ti costa nulla e dà vantaggi a non finire. Eccone tre:

  • Chi legge capisce meglio e sarà più motivato a leggere in futuro.
  • Se scrivi un testo per il Web, scrivere correttamente migliorerà il posizionamento del tuo contenuto sui motori di ricerca.
  • Curare la forma con cui presenti il contenuto darà qualità al tuo lavoro agli occhi di sostenitori e pubblico e la qualità porta sempre a risultati migliori

Consiglio

Prenditi sempre un minuto per rileggere ciò che stai per pubblicare e vedrai che troverai parole migliori per dirlo o errori di battitura che, se evitati, daranno valore al contenuto.

Errore 3: lo stile conta e ogni canale ne ha uno

Lo dico soprattutto rispetto alla comunicazione sul Web. Tempo fa raccontai in un articolo sul BaleiaBlog quali sono i tre princìpi della comunicazione on line che, insieme ai miei colleghi, cerco di seguire e spiegare a chi si rivolge a noi. È un articolo breve che ti consiglio di leggere. Tra l’altro spiego che è sempre necessario dare servizi agli utenti (in ambito non profit si potrebbe dire: “informazioni sui progetti ai sostenitori”) e utenti ai servizi (seguendo la stessa logica della parentesi precedente: “sostenitori ai progetti”).

Questo meccanismo non gira se gli strumenti a disposizione sono utilizzati male. Ogni canale attivato nella tua strategia di content marketing on line ha un suo pubblico, un suo linguaggio, un suo tempo, una sua logica e una sua funzione. Lanciare un identico messaggio su mezzi differenti come minimo non ne ottimizzerà l’efficacia (due righe con un video sul blog non ti posizioneranno su Google così come 1.000 battute su Facebook diminuiranno l’EdgeRank e la visibilità del post) e, più probabilmente, ti farà considerare ridondante e noioso da chi segue la tua organizzazione su più di un canale.

Consiglio

Studia gli strumenti che utilizzi e trai il meglio da ognuno. Al momento di pubblicare un contenuto ti servirà più tempo ma valorizzerai i tuoi sforzi comunicando con più efficacia.

Conclusione: cura dei contenuti, copywriting e fundraising

I contenuti sono al centro delle strategie di marketing e sono un asso nella manica anche nel campo del fundraising per le organizzazioni non profit. Per trarre il massimo dai contenuti che, magari con fatica, riesci a produrre è indispensabile seguire le regole della content curation. I risultati arriveranno!

Quali sono i problemi che sperimenti nello scrivere i tuoi contenuti? Condividili qui nei commenti.

Se vuoi, segui @fundraisingroma e @baleiaorg su Twitter. Alla prossima!