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Categoria: Sul fund raising

I fundraiser chiamano. Il Governo risponde?

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Su iniziativa di Elena Zanella un gruppo di fundraiser italiani, tra i quali io, ha chiesto, con una lettera al sottosegretario Bobba, di aprire un tavolo di lavoro per dare vita anche in Italia ad una vera politica di fundraising.

L’idea è nata sulla scorta della constatazione che nella Riforma del Terzo Settore non è stato considerato per nulla il ruolo centrale della raccolta fondi, in senso professionale, per il terzo settore e per le altre organizzazioni che non hanno finalità di lucro per quanto di natura pubblica, e che questa omissione può avere effetti gravi non per la sostenibilità delle organizzazioni ma, piuttosto, per la sostenibilità del Welfare del nostro paese.

Peraltro, tra i circa 1.000 contributi ricevuti su come migliorare il cosiddetto Civil Act, il Governo ne ha ricevuto almeno uno dedicato proprio a questo tema, come frutto di un esteso lavoro di consultazione promosso dalla Scuola di Roma Fund-Raising.it che ha coinvolto circa 400 fundraiser e dirigenti di organizzazioni non profit e di servizi della pubblica amministrazione, che definiva misure e provvedimenti abbastanza facili da inserire nella Riforma.

Questa richiesta non è una questione di bottega e non riguarda interessi di una corporazione che peraltro non esiste, ma è interesse di tutti. Ed è per questo che gli altri paesi moderni stanno investendo da anni sul fundraising. Non l’Italia.

Questa nostra richiesta, che ora attende una risposta del sottosegretario Bobba, è di vitale importanza per almeno tre motivi.

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Se le cooperative sociali rinunciano al fundraising

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Presente in ogni angolo del Paese con servizi alla persona e progetti educativi e culturali, la cooperazione sociale italiana si distingue per eccellenze e ottimi interventi.

È della scorsa settimana la notizia che, nella terribile disgrazia ad Agrigento per l’esplosione di una vulcanella in cui hanno perso la vita due bambini, i primi ad intervenire a sostegno dei genitori in stato di grave shock sono stati due psicologi di una cooperativa sociale di quel territorio.

Nel Lazio la cooperazione sociale ha risposto massicciamente e con progetti di grande valore aggiunto agli avvisi pubblici della Regione dai titoli significativi: “Fraternità” e “Innova Tu. La nuova sfida dell’innovazione sociale”.

È la dimostrazione della capacità reale di incidere con progettazione innovativa.

Sembra, tuttavia, non fare ancora parte della cultura della cooperazione sociale, l’ambizione di acquisire nuovi saperi e strumenti di lavoro sul fundraising, strategico per creare nuovo benessere sociale e un’economia civile intorno a progetti di welfare capillari ed efficaci.

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No profit No IVA (la riforma del terzo settore alla prova della concretezza)

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La Scuola di Roma Fund-Raising.it ha deciso di aderire alla campagna lanciata dal Corriere della Sera e da La7 (e rilanciata sulle reti sociali con l’etichetta #NoProfitNoIva) per chiedere un intervento urgente del Governo, affinché si trovi il modo di non far pagare l’IVA connessa con operazioni e attività che producono benefici sociali per la comunità senza prevedere alcuno scopo di lucro. In questo caso l’IVA si trasforma automaticamente in un odioso quanto incoerente e ingiustificato balzello.

Ricordiamo che il caso scatenante è stata la ricostruzione del polo scolastico di Cavezzo a seguito del terremoto dell’Emilia. Un’opera del valore di 3 milioni di euro interamente sostenuta da donazioni di cittadini e sulle quali lo Stato ha lucrato la bellezza di 300.000 euro.

Un odioso balzello, appunto!

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Una storia di fundraising tra arte, rifiuti e riscatto: Waste Land

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Vi voglio raccontare una storia che parla di rifiuti, povertà, arte e fundraising.

È un racconto che arriva dal Brasile, paese fratello del nostro dove molti italiani hanno trovato nuove speranze in passato e che in queste settimane è stato sotto i riflettori per i Mondiali di Calcio. Un paese di cui in realtà si sa poco dalle nostre parti e quel poco che si sa è spesso frutto di stereotipi.

Ciò che va di moda chiamare social innovation è un ingrediente di tanti progetti nel sociale realizzati in Brasile. La cosa vale sia per quanto portato avanti da organizzazioni non profit di grande spessore sia per azioni di dimensioni ridotte e mirate a contesti ben definiti, che spesso inconsapevolmente mettono in piedi azioni innovative e di forte impatto. Ebbene, la nostra storia forse appartiene a questo secondo tipo di progetti e ha per protagonista un piccolo gruppo di persone.

Jardim Gramacho è stata per molti anni la più grande discarica di rifiuti di Rio de Janeiro e, secondo molti, dell’America del Sud. Per molto tempo i camion compattatori si sono recati qui per sversare l’immondizia di milioni di persone. Tutt’attorno a Jardim Gramacho si è sviluppato un mondo fatto di esseri umani che hanno trovato qui la loro fonte di sostentamento: in tutta l’America latina (e me ne sono occupato personalmente da ricercatore e cooperante) tanta gente vive grazie alla raccolta e alla vendita dei materiali riciclabili. Si tratta di un lavoro onesto e degno per chi lo fa, importante per l’ambiente e utile per i conti pubblici delle amministrazioni locali (che vedono ridurre di molto le quantità di rifiuti da trattare in discarica). Ma tutto questo fa parte di un altro discorso.

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Civil Act: occasione per rendere il fundraising un pilastro del welfare

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Il 20 maggio si è tenuto l’incontro promosso da Vita tra Matteo Renzi e le associazioni del Comitato Editoriale (di cui la nostra Scuola fa parte). È stato un incontro molto positivo e voglio ringraziare Riccardo Bonacina e lo staff di Vita per aver realizzato uno spazio abbastanza inedito di dialogo tra Governo e variegato mondo nonprofit.

C’ero anch’io ma non sono riuscito ad intervenire pubblicamente dati i tempi stretti dell’incontro. La cosa che sicuramente avrei detto è che il Civil Act, se preso seriamente non solo dal Governo ma anche dal nonprofit, non sarà certo la soluzione di tutti i problemi, ma sicuramente sarà una leva per mettere in moto un processo di cambiamento. Anche sul fundraising. Ho solo paura che i professionisti, i dirigenti delle organizzazioni non profit e gli altri soggetti pubblici e privati che si occupano di fundraising non lo abbiano capito appieno.

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