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Storytelling: quei racconti mai raccontati

Storytelling e fundraising

Spesso si sente dire che il contenuto è il re del marketing on line: “Content is the king”. È una regola che formatori e consulenti di organizzazioni non profit cercano di diffondere e che chi lavora nel campo della comunicazione in ambito non profit cerca di ricordare come un mantra.

Formule e ricette predefinite spesso sono solo banali slogan. Eppure in questo caso non è così.

Quando un’organizzazione non profit decide di comunicare con il proprio pubblico attraverso gli strumenti della comunicazione on line, i contenuti di qualità fanno davvero la differenza. Su questo punto cerco sempre di insistere molto e ogni volta.

Il famoso storytelling, la narrazione di storie, capace di attirare interesse e simpatia e di creare conoscenza ed empatia è veramente un asso nella manica per quanti, quotidianamente, operano sul campo per realizzare una buona causa. La tecnologia attuale, inoltre, mette a disposizione strumenti tanto potenti quanto accessibili e semplici da utilizzare.

Capitale narrativo e resistenze alla comunicazione

La materia prima, poi, non manca. Ogni organizzazione ha a disposizione un vasto patrimonio di materiale da diffondere al proprio pubblico, il quale non aspetta altro che sapere di più del lavoro dell’organizzazione cui ha deciso o sta pensando di donare. Portare sullo schermo del donatore il racconto del proprio lavoro con i beneficiari, far capire in che modo si fa la differenza, far conoscere difficoltà e successi, rende partecipe il sostenitore. Crea empatia e fa sentire le persone parte di un’azione comune a favore di una buona causa. Se poi la storia la si racconta anche con fotografie e filmati, l’effetto è ancora più forte. Infine, abbinando al contenuto delle call to action ben studiate e posizionate, il potenziale del contenuto in chiave fundraising cresce di molto.

Sembra tutto molto semplice eppure non è così. O meglio: non è questo quanto accade nella maggior parte dei casi, poiché anche organizzazioni che avrebbero tutto per comunicare in questo modo, non lo fanno.

Personalmente provo un senso di disagio quando vedo che dirigenti e operatori di una qualsivoglia organizzazione non profit restano ancorati a schemi ormai superati. Non solo non si prevede una strategia, ma neanche si ha la capacità, quanto meno istintiva, di comunicare all’esterno gli sforzi che si fanno per realizzare le proprie buone cause. Sembra quasi ci sia una pigrizia intrinseca, una tendenza all’inerzia e all’immobilismo. Sicuramente una (meno grave e più facile da correggere) carenza di competenze e una (più grave e difficile da sradicare) repulsione all’innovazione.

Spesso davanti al proprio “immobilismo comunicativo” si mettono scuse come il poco tempo o la tutela della privacy. Tutte scuse. Quello che secondo me manca è solo la giusta mentalità.

Comunicare on line in modo efficace sarà sempre più importante e presto chi non inizierà a farlo si troverà ancora più svantaggiato rispetto a chi lo fa da tempo. Le persone (e quindi anche i donatori) passano molto tempo on line, le potenzialità tecnologiche aumentano, il modo in cui si tessono relazioni e si cercano informazioni si evolve. Per ottenere risultati positivi a livello di comunicazione (quindi di nuove donazioni, partner e opportunità), conterà sempre di più distinguersi e saper raccontare il proprio lavoro.

Il lavoro delle organizzazioni non profit è importante: è un pilastro del welfare, della cultura e della solidarietà internazionale. Il capitale narrativo di molte organizzazioni è enorme ma purtroppo è fatto di racconti mai raccontati e di immagini mai condivise. Si tratta di un patrimonio che, se ben utilizzato, potrebbe dare frutti consistenti: più sostenibilità alle organizzazioni e progetti migliori ai beneficiari.

Perché non iniziare ora?