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Categoria: Donazioni da individui

Fund raising: la Croce Rossa Italiana da’ una lezione

Fundraising Croce Rossa Italiana

In questi giorni è circolata la proposta di partecipare ad una gara di appalto per la realizzazione di un evento di fund raising a favore della Croce Rossa Italiana. Rappresenta uno dei documenti più utili per capire fino in fondo cosa non sia il fund raising. Complimenti!

La sua lettura aiuterà non poco i giovani professionisti della raccolta fondi a comprendere da quali rischi bisogna guardarsi e i professionisti di lunga data a comprendere come vada affermata, in fretta e con forza, una cultura e delle regole condivise sul fund raising.

Il fatto che tale documento venga da un’antica e titolata  istituzione sociale, lo rende particolarmente “autorevole”.

Lo potete leggere per intero qui, mentre di seguito vorrei commentare alcuni passi salienti.

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Raccolta fondi con l’ausilio di contenitori in Plexiglas: e’ il passato? Non credo!

Contenitori micro-donazioni
In un momento di forte crisi economica e sociale hanno assunto grande valore le micro-donazioni che consentono a tutti i cittadini di partecipare e di sostenere comunque una buona causa sociale.

La raccolta fondi in contenitori in Plexiglas risponde a questa domanda di partecipazione e assicura una “naturale” trasparenza. Inoltre il ringraziamento finale è pubblico e indica  la somma in denaro raccolta. Per le organizzazioni non profit di piccole e medie dimensioni, con un buon radicamento territoriale e buone cause locali, è più efficace nel rapporto costi/benefici rispetto al tanto decantato sms solidale da 2 euro, per cui all’organizzazione è richiesta una forte campagna pubblicitaria.

Nella Cooperativa Cecilia Onlus di Roma i test iniziali (dal 2004 al 2006), con 40 contenitori posizionati (per 4 mesi) in esercizi commerciali e in luoghi di aggregazione, hanno evidenziato una donazione media intorno ai 50 euro a contenitore. Piscine, palestre, bar, patronati, centri benessere e studi dentistici sono alcuni dei luoghi in cui sono stati lasciati i contenitori. All’interno di questi ultimi sono state poste alcune monete e una banconota da 5 euro, oltre ad un testo informativo sulla buona causa da sostenere, richiamata anche dall’adesivo sul bussolotto. La semplice richiesta al titolare del luogo prescelto e la comunicazione dell’ubicazione dei contenitori al Commissariato di zona sono gli adempimenti formali necessari.

Oggi, con l’introduzione della comunicazione al Commissariato di zona, si evita la concorrenza di organizzazioni che in passato si sono spacciate per Onlus.

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Il donatore: un “target” o un “partner”?

I donatori. La nostra ossessione.

Per loro agiamo, per loro lavoriamo, per loro perdiamo spesso il sonno… e anche il senno.  Li studiamo, li analizziamo, scopriamo cosa fanno, quanti anni hanno, chi sono. Eppure, mi chiedo, siamo sicuri di sapere cosa vogliono da noi? È giusto parlarne come statistiche, come target, mere tabelle di marketing? Il donatore come un “consumatore” di buone cause? Forse. Ma in un mondo sempre più a portata di mouse, in un’era della conoscenza, io credo che il donatore sia prima di tutto un partner. Un volontario. Una persona che sceglie di sostenere la nostra stessa causa, che condivide la nostra mission.

Come tale, dunque, deve essere prima di tutto informato, non corteggiato. Coinvolto, non indotto. È il principio vincente del sostegno a distanza: il sostenitore riceve regolarmente notizie del bambino e/o della comunità dove questi vive, segue lo sviluppo e l’evoluzione delle attività intorno a lui. È un vero partner. E così dovrebbero essere tutti i donatori. Sembra ovvio, ma non è sempre così

Nel “Non Profit Report 2011 – il dono online e il rapporto con i social network” presentato da Contactlab , quello che mi ha colpito più di ogni altra cosa è la scarsa attenzione alle pagine delle OnP sui social network (solo il 26% afferma di seguirne qualcuna lì), a fronte di un alto interesse per i siti e le newsletter (il 54% visita i primi ed il 40% dichiara di leggere le seconde). Come dire, se conosco, seguo, se sono informato, condivido.

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Vu cumpra’ un’adozione a distanza?

Giovani, dialogo diretto e fundraising commercialeFrancesco Fortinguerra (che ringrazio) mi ha fatto scoprire, attraverso una segnalazione su Facebook, questo articolo di cronaca sul quale credo sia necessario dire qualcosa.

E dirlo fuori dai denti e in modo politicamente scorretto.

L’articolo è apparso su La Repubblica, edizione di Milano, del 19 dicembre 2011 e lo si può leggere qui.

Si tratta della storia di uno dei tanti precari ingaggiati da società di marketing (spesso tramite agenzie interinali) oppure, in alcuni casi, arruolati anche direttamente da alcune organizzazioni non profit per “vendere” (ma che ce le metto a fare le virgolette!?) adozioni a distanza, donazioni pianificate e quant’altro ci si riesce ad inventare per “agguantare la preda” e “vendergli una adozione”.

Vi invito a leggerla questa storia. Il caso trattato riguarda la Ong World Vision e la sua campagna di adozioni gestita da una grande multinazionale del field marketing. È una storia raccontata dal punto di vista di un giovane che cerca lavoro dequalificato pur avendo qualifiche da spendere meglio. Non parla della ONG, della sua causa e dei suoi progetti. Ma credo che tra le righe si possa leggere molto della filosofia di fund raising che alcune organizzazioni con una cultura commerciale un po’ spinta stanno adottando in modo massiccio.

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Fund raising senza valore aggiunto. Necessario, forse, ma non per forza giusto.

Raccolta fondi per la benzina della polizia

Fino a qualche anno fa l’accoppiamento fra fundraising e Polizia di stato non era  immaginabile e, a ben pensare, nemmeno tra raccolta fondi e scuola, riparazione delle strade, sanità e tanti altri servizi che fanno parte del nostro buon vecchio welfare state.

Ormai l’uso del fund raising da parte di pezzi disastrati del welfare state è stato ampiamente sdoganato. E questo è un fatto buono perché prima o poi il fund raising andrà integrato nelle strategie economiche del welfare. Certo in tutt’altro modo rispetto a quello che si sta usando adesso.

È il caso, tra i tanti, della raccolta fondi per comprare la benzina necessaria a far marciare le volanti della polizia. Il caso del sindacato di polizia di Genova è solo uno ma ve ne sono molti altri in rete.

Che sia un caso di fund raising, non c’è dubbio. Che sia atipico, anche.
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